SmaniaSchool

Secondaria 1° Grado

Medie 11-14 anni

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Francesca Marazzi

 

𝐒𝐦𝐚𝐧𝐢𝐚𝐒𝐜𝐡𝐨𝐨𝐥 𝐛𝐲 𝐅𝐫𝐚𝐧𝐜𝐲

𝐂𝐎𝐌𝐏𝐈𝐓𝐈 𝐃𝐄𝐋𝐋𝐄 𝐕𝐀𝐂𝐀𝐍𝐙𝐄? 
𝐍𝐎, 𝐆𝐑𝐀𝐙𝐈𝐄.


𝑆𝑜𝑛𝑜 𝑢𝑛𝑎 𝑝𝑟𝑜𝑓, 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑖𝑛 𝑣𝑎𝑐𝑎𝑛𝑧𝑎: 𝑛𝑜𝑛 𝑓𝑟𝑒𝑞𝑢𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑙𝑎 𝑠𝑐𝑢𝑜𝑙𝑎 𝑎 𝑙𝑢𝑔𝑙𝑖𝑜 𝑒 𝑎𝑔𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑎𝑠𝑠𝑒𝑚𝑏𝑙𝑒𝑒, 𝑝𝑒𝑟 𝑟𝑖𝑢𝑛𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑜 𝑐𝑜𝑙𝑙𝑜𝑞𝑢𝑖 𝑜 𝑝𝑟𝑜𝑔𝑟𝑎𝑚𝑚𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖.. 𝐻𝑜 𝑠𝑡𝑎𝑏𝑖𝑙𝑖𝑡𝑜 𝑖𝑙 𝑚𝑖𝑜 𝑝𝑖𝑎𝑛𝑜 𝑓𝑒𝑟𝑖𝑒 (32 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑖 𝑝𝑖𝑢̀ 𝑜 𝑚𝑒𝑛𝑜) 𝑒 𝑠𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑖𝑙 𝑏𝑖𝑠𝑜𝑔𝑛𝑜 𝑑𝑖 𝑟𝑖𝑝𝑜𝑠𝑎𝑟𝑒 𝑒 𝑑𝑖𝑠𝑡𝑟𝑎𝑟𝑚𝑖 𝑑𝑎𝑙𝑙𝑒 𝑑𝑖𝑛𝑎𝑚𝑖𝑐ℎ𝑒 𝑒𝑑𝑢𝑐𝑎𝑡𝑖𝑣𝑒 𝑒 𝑓𝑜𝑟𝑚𝑎𝑡𝑖𝑣𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑚𝑖 𝑐𝑜𝑖𝑛𝑣𝑜𝑙𝑔𝑜𝑛𝑜 𝑑𝑢𝑟𝑎𝑛𝑡𝑒 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑜 𝑙'𝑎𝑛𝑛𝑜 𝑠𝑐𝑜𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑜. 𝐶𝑒𝑟𝑡𝑜, 𝑣𝑖 𝑐𝑜𝑛𝑓𝑒𝑠𝑠𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑖𝑛 𝑟𝑒𝑎𝑙𝑡𝑎̀ 𝑛𝑜𝑛 "𝑠𝑡𝑎𝑐𝑐𝑜" 𝑚𝑎𝑖: 𝑟𝑖𝑝𝑒𝑛𝑠𝑜 𝑎𝑙𝑙'𝑎𝑛𝑛𝑜 𝑡𝑟𝑎𝑠𝑐𝑜𝑟𝑠𝑜, 𝑎𝑙𝑙𝑒 𝑓𝑎𝑡𝑖𝑐ℎ𝑒, 𝑎𝑙𝑙𝑒 𝑐𝑜𝑛𝑞𝑢𝑖𝑠𝑡𝑒, 𝑎𝑙𝑙𝑒 𝑔𝑖𝑜𝑖𝑒, 𝑎𝑙𝑙𝑒 𝑟𝑒𝑙𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑐𝑜𝑛 𝑖 𝑚𝑖𝑒𝑖 𝑞𝑢𝑎𝑠𝑖 70 𝑎𝑙𝑢𝑛𝑛𝑖 (𝑃𝑟𝑖𝑚𝑎, 𝑆𝑒𝑐𝑜𝑛𝑑𝑎 𝑒 𝑇𝑒𝑟𝑧𝑎) 𝑐𝑜𝑠𝑖̀ 𝑑𝑖𝑣𝑒𝑟𝑠𝑖 𝑡𝑟𝑎 𝑙𝑜𝑟𝑜 𝑚𝑎 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑖 𝑏𝑖𝑠𝑜𝑔𝑛𝑜𝑠𝑖 𝑑𝑖 𝑎𝑡𝑡𝑒𝑛𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖.. 𝑃𝑒𝑛𝑠𝑜 𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑝𝑟𝑜𝑔𝑒𝑡𝑡𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒, 𝑎 𝑐𝑜𝑠𝑎 𝑝𝑜𝑡𝑒𝑟 𝑝𝑟𝑜𝑝𝑜𝑟𝑟𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑎𝑐𝑐𝑎𝑡𝑡𝑖𝑣𝑎𝑟𝑒, 𝑝𝑟𝑒𝑛𝑑𝑜 𝑠𝑝𝑢𝑛𝑡𝑜 𝑑𝑎𝑙𝑙𝑒 𝑒𝑠𝑝𝑒𝑟𝑖𝑒𝑛𝑧𝑒 𝑒𝑠𝑡𝑖𝑣𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑖𝑑𝑒𝑎𝑟𝑒 𝑎𝑡𝑡𝑖𝑣𝑖𝑡𝑎̀ 𝑐ℎ𝑒 𝑝𝑜𝑡𝑟𝑎𝑛𝑛𝑜 𝑖𝑛𝑡𝑟𝑖𝑔𝑎𝑟𝑙𝑖 𝑒 𝑝𝑒𝑟𝑐ℎ𝑒́ 𝑛𝑜 𝑎𝑝𝑝𝑎𝑠𝑠𝑖𝑜𝑛𝑎𝑟𝑙𝑖 (𝑎𝑑 𝑒𝑠𝑒𝑚𝑝𝑖𝑜 𝑜𝑟𝑎 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑖𝑛 𝑚𝑜𝑛𝑡𝑎𝑔𝑛𝑎 𝑒 𝑟𝑎𝑐𝑐𝑜𝑔𝑙𝑖𝑒𝑛𝑑𝑜 𝑝𝑖𝑒𝑡𝑟𝑒 𝑖𝑛𝑠𝑖𝑒𝑚𝑒 𝑎𝑙 𝑚𝑖𝑜 𝑛𝑖𝑝𝑜𝑡𝑖𝑛𝑜 𝑐𝑒𝑟𝑐𝑜 𝑢𝑛 𝑚𝑜𝑑𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑠𝑝𝑖𝑒𝑔𝑎𝑟𝑒 𝑙𝑎 "𝑙𝑖𝑡𝑜𝑠𝑓𝑒𝑟𝑎, 𝑖𝑙 𝑠𝑢𝑜𝑙𝑜, 𝑖𝑙 𝑡𝑒𝑟𝑟𝑒𝑛𝑜", 𝑢𝑛𝑎 𝑝𝑎𝑟𝑡𝑒 𝑑𝑒𝑙 𝑝𝑟𝑜𝑔𝑟𝑎𝑚𝑚𝑎 𝑑𝑖 𝑠𝑐𝑖𝑒𝑛𝑧𝑒 𝑑𝑖 𝑃𝑟𝑖𝑚𝑎 𝑐𝑜𝑠𝑖̀ 𝑛𝑜𝑖𝑜𝑠𝑎.. 𝑚𝑎 ℎ𝑜 𝑔𝑖𝑎̀ 𝑢𝑛'𝑖𝑑𝑒𝑎 😉💡). 

Ecco, credo fortemente che anche i miei alunni abbiano bisogno di riposo, di distrazioni, di svago. Per tre mesi meglio donare una pausa al senso del dovere di svolgere compiti scolastici, così spesso monotoni e ripetitivi (sto pensando ovviamente alla matematica). 

Vorrei pensarli ad annoiarsi e annoiandosi inventare attività creative, imparare ad organizzare il proprio tempo, imparare ad aiutare in casa genitori o nonni che li accudiscono, vivere la gioia del gioco all'aperto frequentando centri estivi di ogni sorta (sportivi, ricreativi, oratori, campi scout..) tornando a casa stanchi e accaldati con la gioia di raccontare e condividere cena e dopocena con la famiglia.. Vorrei che vivessero le ferie senza dover obbligare genitori o nonni o zii o vicini di casa a seguirli nei compiti: non è il loro lavoro, i ragazzi hanno imparato a scuola, hanno immagazzinato nozioni/metodi/regole da docenti formati, è naturale che dimentichino ed è fisiologico che non possano ricordarsi tutto... 

A settembre, ed è il mio bellissimo lavoro, sono pronta a ripassare i nodi del programma più importanti, i prerequisiti necessari per poi partire ad ottobre col nuovo programma!

Spesso nei saluti di fine anno scolastico consiglio ai genitori di condividere gite, giochi, risate, stellate e di godere del tempo prezioso con i propri figli. 
Mi è capitato di ricevere richieste di compiti da parte dei genitori stessi ma mi sono rifiutata: vi assicuro che i ragazzi sono pronti (o poco pronti) per nuove competenze con o senza compiti estivi, indipendentemente dalle fatiche estive che non migliorano le prestazioni e l'apprendimento soprattutto se vissute come obbligo, come peso, come dovere senza senso.

Allora, docenti e genitori, diamo valore al tempo e non blindiamoci a dover fare con l'ansia da prestazione che caratterizza troppo spesso i compiti a casa. Viviamo un'estate valorizzando famiglia, natura, esperienze, relazioni, leggiamo libri e fumetti (questi sconosciuti), ascoltiamo musica, fotografiamo il mondo! . 

  
Articolo e immagine di 2021 © Francesca Marazzi 20 luglio 2021
 

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𝐒𝐦𝐚𝐧𝐢𝐚𝐒𝐜𝐡𝐨𝐨𝐥 𝐛𝐲 𝐅𝐫𝐚𝐧𝐜𝐲

𝐕𝐀𝐋𝐔𝐓𝐀𝐙𝐈𝐎𝐍𝐄 
𝐕𝐚𝐥𝐮𝐭𝐚𝐫𝐞 𝐧𝐨𝐧 𝐞̀ 𝐬𝐞𝐦𝐩𝐥𝐢𝐜𝐞!!


𝐶ℎ𝑖 𝑣𝑎𝑙𝑢𝑡𝑎 𝑐𝑜𝑛 𝑠𝑔𝑢𝑎𝑟𝑑𝑜 𝑒𝑑𝑢𝑐𝑎𝑡𝑖𝑣𝑜 𝑚𝑒𝑡𝑡𝑒 𝑖𝑛 𝑐𝑎𝑚𝑝𝑜 𝑒𝑚𝑜𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑐ℎ𝑒 𝑙𝑒𝑔𝑎𝑛𝑜 𝑑𝑜𝑐𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑒 𝑎𝑙𝑢𝑛𝑛𝑜 𝑖𝑛 𝑢𝑛𝑎 𝑟𝑒𝑙𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑏𝑖𝑢𝑛𝑖𝑣𝑜𝑐𝑎, 𝑠𝑖 𝑣𝑖𝑣𝑜𝑛𝑜 𝑑𝑖𝑛𝑎𝑚𝑖𝑐ℎ𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑣𝑎𝑛𝑛𝑜 𝑎𝑙 𝑑𝑖 𝑙𝑎̀ 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑠𝑖𝑛𝑔𝑜𝑙𝑎 𝑝𝑟𝑜𝑣𝑎 𝑎 𝑐𝑢𝑖 𝑠𝑖 𝑑𝑒𝑣𝑒 𝑎𝑠𝑠𝑒𝑔𝑛𝑎𝑟𝑒 𝑢𝑛 𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑜 𝑢𝑛 𝑐𝑜𝑚𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑜 𝑢𝑛 𝑎𝑔𝑔𝑒𝑡𝑡𝑖𝑣𝑜 𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑐𝑜𝑖𝑛𝑣𝑜𝑙𝑔𝑜𝑛𝑜 𝑙𝑎 𝑐𝑟𝑒𝑠𝑐𝑖𝑡𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙’𝑎𝑙𝑢𝑛𝑛𝑜 𝑟𝑖𝑠𝑝𝑒𝑡𝑡𝑜 𝑎 𝑐𝑒𝑟𝑡𝑒 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑒𝑡𝑒𝑛𝑧𝑒 𝑑𝑎 𝑎𝑐𝑞𝑢𝑖𝑠𝑖𝑟𝑒.


“La valutazione ha per oggetto il processo di apprendimento, il comportamento e il rendimento scolastico degli alunni. La valutazione concorre, con la sua finalità anche formativa e attraverso l’individuazione delle potenzialità e delle carenze di ciascun alunno, ai processi di autovalutazione degli alunni medesimi, al miglioramento dei livelli di conoscenza e al successo formativo” (Dpr 122/09, art. 1, cc.2-3).

Valutare non è giudicare.

Per valutare si osserva un percorso: ci si conosce, si parte dai prerequisiti per costruire nuove conoscenze e abilità, si richiedono impegno, partecipazione, si arriva alla costruzione delle competenze passo passo con l’obiettivo di migliorare l’apprendimento. 

Giudicare è etichettare, assegnare un punteggio al prodotto di un lavoro, è misurare la qualità di un elaborato. Il giudizio è critico e fine a se stesso. 
La valutazione segue criteri condivisi tra docenti, famiglie e alunni quali la coerenza con gli obiettivi inseriti nelle programmazioni, la trasparenza dei percorsi formativi e la corresponsabilità tra educatori. 

Valutare non è documentare il successo o l’insuccesso degli alunni, ma promuovere i suoi apprendimenti, costruire le competenze, sviluppare un processo personalizzato di autovalutazione e autorientamento. 

Valutare non è semplice: le emozioni coinvolte hanno ricadute sulle interazioni docente-alunno se non si motiva e soprattutto se non si interviene con attività di spiegazione e recupero dell’errore. 
E’ importante dedicare del tempo alla consegna dei compiti, analizzare punti di forza ed errori delle prove, creare momenti di confronto sulle rispettive modalità di esecuzione e condividere i diversi approcci risolutivi. 

Il docente è chiamato a valutare con la consapevolezza del potenziale insito nella valutazione stessa che può avere conseguenze sul processo di apprendimento e sul processo di crescita dell’alunno. Una grande responsabilità dunque!!! 


𝐿𝑎 𝑣𝑎𝑙𝑢𝑡𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑒̀ 𝑢𝑛 𝑝𝑟𝑜𝑐𝑒𝑠𝑠𝑜 𝑎𝑑 𝑎𝑙𝑡𝑜 𝑣𝑎𝑙𝑜𝑟𝑒 𝑒𝑚𝑜𝑡𝑖𝑣𝑜. 𝑄𝑢𝑎𝑙𝑖 𝑒𝑚𝑜𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑠𝑖 𝑚𝑒𝑡𝑡𝑜𝑛𝑜 𝑖𝑛 𝑔𝑖𝑜𝑐𝑜? 
La paura dell’esposizione, la paura di sbagliare dovute spesso a una scarsa autostima, la paura della competizione. La delusione di non aver dato il massimo, di non avere instaurato un rapporto empatico, di non essere capiti. La soddisfazione per miglioramenti ottenuti da fatiche e impegno, la soddisfazione di essere riusciti a raggiungere un obiettivo (che per gli alunni spesso è un bel voto). La rabbia di non riuscire a capire, a organizzarsi, a superare le fatiche, la rabbia di non essere compresi. Stress, ansia da prestazione…

L’insegnante empatico, sensibile e umile sa che per primo viene valutato dagli alunni stessi nel suo operato, nella relazione, nella comprensione, nel rispetto. 

Questa tipologia di docente ha la competenza emotiva per riconoscere le emozioni, comprenderle, definirle, gestire la manifestazione in tutte le sfumature caratteriali degli alunni, crea quindi un’atmosfera relazionale ed emotiva: conosce, ascolta, accoglie.

𝑉𝑎𝑙𝑢𝑡𝑎𝑟𝑒 𝑒̀ 𝑣𝑎𝑙𝑜𝑟𝑖𝑧𝑧𝑎𝑟𝑒! 𝐴𝑢𝑔𝑢𝑟𝑖𝑎𝑚𝑜𝑐𝑖 𝑒𝑚𝑝𝑎𝑡𝑖𝑎, 𝑠𝑒𝑛𝑠𝑖𝑏𝑖𝑙𝑖𝑡𝑎̀, 𝑐𝑜𝑛𝑜𝑠𝑐𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑒 𝑎𝑡𝑡𝑒𝑛𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑛𝑒𝑙 𝑣𝑖𝑣𝑒𝑟𝑒 𝑔𝑙𝑖 𝑠𝑐𝑟𝑢𝑡𝑖𝑛𝑖!

  
Articolo e immagine di 2021 © Francesca Marazzi 15 giugno 2021
 

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𝐒𝐦𝐚𝐧𝐢𝐚𝐒𝐜𝐡𝐨𝐨𝐥 𝐛𝐲 𝐅𝐫𝐚𝐧𝐜𝐲

𝐂𝐎𝐍𝐎𝐒𝐂𝐄𝐑𝐄 𝐏𝐄𝐑 𝐏𝐑𝐎𝐆𝐄𝐓𝐓𝐀𝐑𝐄


𝐿'𝑖𝑛𝑠𝑒𝑔𝑛𝑎𝑛𝑡𝑒 𝑒̀ 𝑐ℎ𝑖𝑎𝑚𝑎𝑡𝑜 𝑎 𝑃𝑟𝑜𝑔𝑒𝑡𝑡𝑎𝑟𝑒 𝑎𝑙𝑙'𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙'𝑎𝑛𝑛𝑜 𝑠𝑐𝑜𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑜: 𝑜𝑏𝑖𝑒𝑡𝑡𝑖𝑣𝑖, 𝑠𝑡𝑟𝑢𝑚𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑒 𝑚𝑒𝑡𝑜𝑑𝑖, 𝑡𝑒𝑚𝑝𝑖𝑠𝑡𝑖𝑐𝑎, 𝑐𝑜𝑛𝑡𝑒𝑛𝑢𝑡𝑖. 𝑆𝑖 𝑝𝑜𝑠𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑝𝑒𝑛𝑠𝑎𝑟𝑒 𝑒 𝑖𝑝𝑜𝑡𝑖𝑧𝑧𝑎𝑟𝑒 𝑓𝑎𝑠𝑖 𝑝𝑟𝑜𝑔𝑒𝑡𝑡𝑢𝑎𝑙𝑖 𝑚𝑎 𝑢𝑛 𝑛𝑜𝑑𝑜 𝑓𝑜𝑛𝑑𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑖𝑛 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑎 𝑝𝑟𝑎𝑠𝑠𝑖 𝑒̀ 𝑙𝑎 𝑐𝑜𝑛𝑜𝑠𝑐𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑑𝑒𝑔𝑙𝑖 𝑎𝑙𝑢𝑛𝑛𝑖. 𝐶𝑟𝑒𝑑𝑜 𝑓𝑜𝑟𝑡𝑒𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑜𝑠𝑠𝑒𝑟𝑣𝑎𝑟𝑒 𝑠𝑖𝑎 𝑖𝑙 𝑝𝑟𝑖𝑚𝑜 𝑔𝑒𝑠𝑡𝑜 𝑒𝑑𝑢𝑐𝑎𝑡𝑖𝑣𝑜 𝑑𝑎 𝑟𝑖𝑣𝑜𝑙𝑔𝑒𝑟𝑒 𝑎𝑖 𝑛𝑜𝑠𝑡𝑟𝑖 𝑎𝑙𝑢𝑛𝑛𝑖: 𝑐𝑜𝑛𝑜𝑠𝑐𝑒𝑟𝑙𝑖 𝑐𝑜𝑛 𝑢𝑛𝑜 𝑠𝑔𝑢𝑎𝑟𝑑𝑜 𝑒𝑑𝑢𝑐𝑎𝑡𝑖𝑣𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑝𝑜𝑡𝑒𝑟 𝑝𝑒𝑛𝑠𝑎𝑟𝑒 𝑎 𝑙𝑜𝑟𝑜, 𝑝𝑎𝑟𝑡𝑒𝑛𝑑𝑜 𝑑𝑎𝑖 𝑙𝑜𝑟𝑜 𝑏𝑖𝑠𝑜𝑔𝑛𝑖 𝑝𝑒𝑟 𝑎𝑟𝑟𝑖𝑣𝑎𝑟𝑒 𝑎𝑔𝑙𝑖 𝑜𝑏𝑖𝑒𝑡𝑡𝑖𝑣𝑖 𝑝𝑒𝑟𝑠𝑜𝑛𝑎𝑙𝑖𝑧𝑧𝑎𝑡𝑖 𝑒 𝑞𝑢𝑖𝑛𝑑𝑖 𝑎 𝑢𝑛 𝑝𝑟𝑜𝑔𝑒𝑡𝑡𝑜 𝑜 𝑝𝑖𝑢̀ 𝑝𝑟𝑜𝑔𝑒𝑡𝑡𝑖 𝑡𝑒𝑠𝑠𝑢𝑡𝑖 𝑠𝑢 𝑚𝑖𝑠𝑢𝑟𝑎.


All'inizio della Classe Prima molte scuole propongono il Progetto Accoglienza che permette agli alunni di conoscersi, farsi conoscere ognuno con i propri colori caratteriali, attitudini e sogni per poi creare il "gruppo classe" sul quale porre l'intenzionalità e l'attività educativa.
In questo approccio educativo la relazione è fondamentale: il docente che è chiamato ad aiutare gli alunni a diventare protagonisti dell'avventura formativa ha il compito di entrare in stretta relazione, imposta le regole di convivenza, giorno dopo giorno concorda modalità e fonda le abitudini relazionali (saluto, dinamiche di intervento e di lavoro, ...) e imposta così con tempo, dedizione, cura, fatica e attenzione un legame educativo. 
I Progetti allora, come strumenti, sono utili per stimolare, far emergere qualità, contraddizioni, dilemmi, potenzialità, conflitti che caratterizzano il gruppo classe e i suoi componenti. E' in questo contesto di conoscenza più profonda che il gruppo docenti sceglie i progetti partendo dal substrato relazionale instaurato con la Classe:
- Progetto di Pet Therapy per migliorare il benessere e favorire l'Inclusione della diversità, con l'ausilio di animali da compagnia 
-Progetto Orto per stimolare e valorizzare la manualità, la conoscenza di piante e ortaggi 
-Progetto Orientamento per la Classe Terza perché affronti la scelta della scuola superiore con consapevolezza e responsabilità, con testimonianze di alunni che stanno vivendo il percorso didattico scelto 
- Progetto Sportivo per potenziare le capacità motorie e capirne il valore 
- Progetto di sensibilizzazione sulle migrazioni o sulla parità di genere o sulla diversità perché gli alunni inizino ad avere una coscienza e formare un pensiero proprio, informarsi, approfondire e prendere posizione 
- Progetto AVIS, Progetto Natale, Progetto Logopedia, Progetto Animazione Teatrale, Progetto Pedibus, Progetto Digitalizzazione/Robotica/Coding, Progetto Cittadinanza Attiva… e tanti tanti altri.

I Progetti arricchiscono la programmazione didattica perché offrono ai ragazzi possibilità per sperimentare e vivere in prima persona modalità di apprendimento, di comportamento e di incontro, e da quest’anno sono legati all’Educazione Civica: attività interdisciplinare che ha l’obiettivo non solo di fornire strumenti per conoscere diritti e doveri, di formare cittadini responsabili e attivi che partecipino con consapevolezza alla vita civica, culturale e sociale della comunità ma anche di sensibilizzare rispetto a tematiche sociali. Ad esempio, si possono scegliere Progetti di educazione ambientale, educazione alla salute perché i ragazzi possano imparare principi di rispetto di se stessi, dell’altro, dell’ambiente, possano utilizzare linguaggi e adottare comportamenti adeguati anche sui social.

Altra fase fondamentale della progettazione è la verifica: durante e dopo il progetto è importante valutare in itinere diversi aspetti, individuare eventuali difficoltà, accertare il raggiungimento delle competenze legate alle finalità del progetto. Durante lo svolgimento e alla fine del progetto, i docenti sono chiamati a osservare l’atteggiamento mostrato dagli alunni verso le esperienze di apprendimento, la partecipazione, l’autonomia, il raggiungimento di traguardi di competenze e gli obiettivi generali, gli aspetti relazionali. 
Molte Scuole propongono schede che guidino i docenti alla verifica in itinere e finale dei progetti, tutti i documenti generalmente sono allegati al PTOF. La proposta progettuale inserita nel curricolo elaborato dai docenti di ogni Istituto ha la finalità di fornire ad ogni alunno un percorso formativo organico e completo che stimoli i diversi tipi di intelligenza e un’educazione di qualità, equa e inclusiva. 

Concludendo, non si può formare senza osservare, conoscere, progettare per educare alla vita. 
  
Articolo e immagine di 2021 © Francesca Marazzi 18 maggio  2021
 

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𝐒𝐦𝐚𝐧𝐢𝐚𝐒𝐜𝐡𝐨𝐨𝐥 𝐛𝐲 𝐅𝐫𝐚𝐧𝐜𝐲

𝐋𝐀 𝐒𝐂𝐔𝐎𝐋𝐀 𝐅𝐎𝐑𝐌𝐀 
𝐋𝐀 𝐒𝐂𝐔𝐎𝐋𝐀 𝐄𝐃𝐔𝐂𝐀 
𝐋𝐀 𝐒𝐂𝐔𝐎𝐋𝐀 𝐈𝐍𝐅𝐎𝐑𝐌𝐀 
𝐋𝐀 𝐒𝐂𝐔𝐎𝐋𝐀 𝐈𝐍𝐒𝐄𝐆𝐍𝐀


𝘓𝘢 𝘴𝘤𝘶𝘰𝘭𝘢 𝘵𝘳𝘢𝘴𝘮𝘦𝘵𝘵𝘦 𝘭𝘦 𝘤𝘰𝘯𝘰𝘴𝘤𝘦𝘯𝘻𝘦 𝘭𝘦𝘨𝘢𝘵𝘦 𝘢𝘭𝘭𝘦 𝘥𝘪𝘴𝘤𝘪𝘱𝘭𝘪𝘯𝘦 𝘮𝘢 𝘢𝘯𝘤𝘩𝘦 𝘭𝘦 𝘤𝘰𝘮𝘱𝘦𝘵𝘦𝘯𝘻𝘦 𝘤𝘩𝘦 𝘢𝘪𝘶𝘵𝘢𝘯𝘰 𝘢 𝘴𝘷𝘪𝘭𝘶𝘱𝘱𝘢𝘳𝘦 𝘪𝘭 𝘤𝘢𝘳𝘢𝘵𝘵𝘦𝘳𝘦, 𝘢 𝘦𝘴𝘦𝘳𝘤𝘪𝘵𝘢𝘳𝘦 𝘪𝘭 𝘤𝘰𝘳𝘢𝘨𝘨𝘪𝘰 𝘦 𝘭𝘢 𝘨𝘳𝘪𝘯𝘵𝘢 𝘱𝘦𝘳 𝘤𝘳𝘦𝘴𝘤𝘦𝘳𝘦, 𝘭𝘢 𝘥𝘦𝘵𝘦𝘳𝘮𝘪𝘯𝘢𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦 𝘱𝘦𝘳 𝘢𝘧𝘧𝘳𝘰𝘯𝘵𝘢𝘳𝘦 𝘭𝘦 𝘴𝘧𝘪𝘥𝘦 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘷𝘪𝘵𝘢, 𝘭𝘢 𝘧𝘰𝘳𝘻𝘢 𝘥'𝘢𝘯𝘪𝘮𝘰 𝘱𝘦𝘳 𝘴𝘶𝘱𝘦𝘳𝘢𝘳𝘦 𝘭𝘦 𝘥𝘪𝘧𝘧𝘪𝘤𝘰𝘭𝘵𝘢̀, 𝘭'𝘢𝘶𝘵𝘰𝘯𝘰𝘮𝘪𝘢 𝘦 𝘭𝘢 𝘤𝘰𝘯𝘴𝘢𝘱𝘦𝘷𝘰𝘭𝘦𝘻𝘻𝘢 𝘱𝘦𝘳 𝘪𝘮𝘱𝘢𝘳𝘢𝘳𝘦 𝘢 𝘴𝘤𝘦𝘨𝘭𝘪𝘦𝘳𝘦.
𝘕𝘰𝘪 𝘥𝘰𝘤𝘦𝘯𝘵𝘪 𝘤𝘰𝘮𝘦 𝘱𝘰𝘴𝘴𝘪𝘢𝘮𝘰 𝘢𝘪𝘶𝘵𝘢𝘳𝘦 𝘨𝘭𝘪 𝘢𝘭𝘶𝘯𝘯𝘪 𝘢 𝘤𝘰𝘴𝘵𝘳𝘶𝘪𝘳𝘦 𝘭𝘦 𝘤𝘰𝘮𝘱𝘦𝘵𝘦𝘯𝘻𝘦 𝘯𝘦𝘤𝘦𝘴𝘴𝘢𝘳𝘪𝘦 𝘱𝘦𝘳 𝘢𝘷𝘦𝘳𝘦 𝘴𝘶𝘤𝘤𝘦𝘴𝘴𝘰 𝘯𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘷𝘪𝘵𝘢 𝘱𝘦𝘳𝘴𝘰𝘯𝘢𝘭𝘦 𝘦, 𝘪𝘯 𝘶𝘯 𝘧𝘶𝘵𝘶𝘳𝘰, 𝘱𝘳𝘰𝘧𝘦𝘴𝘴𝘪𝘰𝘯𝘢𝘭𝘦? 𝘘𝘶𝘢𝘭𝘪 𝘴𝘰𝘯𝘰, 𝘥𝘶𝘯𝘲𝘶𝘦, 𝘭𝘦 𝘣𝘢𝘴𝘪 𝘥𝘪 𝘶𝘯𝘢 𝘥𝘪𝘥𝘢𝘵𝘵𝘪𝘤𝘢 𝘤𝘩𝘦 𝘧𝘢𝘷𝘰𝘳𝘪𝘴𝘤𝘢 𝘭𝘢 𝘤𝘰𝘴𝘵𝘳𝘶𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘦 𝘤𝘰𝘮𝘱𝘦𝘵𝘦𝘯𝘻𝘦 𝘱𝘦𝘳 𝘭𝘢 𝘷𝘪𝘵𝘢?


Il sistema scolastico dovrebbe riflettere sulla propria missione “educativa-formativa-sociale” e saper sviluppare una serie di competenze (imparare a imparare; imparare a vivere insieme; imparare a fare; imparare a essere), focalizzando così l'attenzione ai valori che hanno una ricaduta nelle azioni didattiche quotidiane.
Tra i valori che aiutano gli adolescenti a crescere, secondo me, c'è il RISPETTO degli adulti di riferimento (genitori, docenti, allenatore..) che sono modelli da emulare o da evitare, pertanto è anche importante scegliere e prendere le misure con adulti diversi che offrono diverse testimonianze di vita. Esercitare il rispetto si impara in classe, e non solo, giorno per giorno, relazionandosi con i pari e con i docenti e il personale ATA, rispettando regole di convivenza in un ambiente che alla Scuola Secondaria di I grado è ancora tutelato, protetto. 
Una modalità particolare di relazione tra adulto di riferimento e preadolescente è la reciproca conoscenza usando l'umorismo. Il prendersi in giro a vicenda, in modo amichevole può portare ad un rapporto più stretto e fiducioso. Imparare a ridere di se stessi è una dote importante per tutti noi.
Rispettarsi ridendo di sé con autoironia.. e a me questa modalità piace molto!

Un'altra competenza chiave per aiutare gli alunni a consolidare e costruire il proprio futuro è comprendere che gli ERRORI aiutano a crescere. Noi adulti abbiamo sperimentato più volte nella palestra di vita questa capacità, i ragazzi si approcciano a questa modalità con grande fatica perchè spesso nell'errore vivono il fallimento, si confrontano con i compagni "più bravi", danno peso ai numeri delle valutazioni tant'è che con la calcolatrice si apprestano a calcolare la media aritmetica... sbagliato!!! Il docente che dà valore all'errore lo rende puro strumento perchè gli alunni possano migliorare l'approccio allo studio e valorizza il percorso didattico-formativo, mettendo da parte l'errore fine a se stesso. 
Come docente, inoltre, mi pongo diversi obiettivi educativi per aiutare i miei alunni a crescere, uno di questi è insegnare loro ad ASCOLTARE: la capacità di ascoltare con intenzione e partecipazione emotiva crea e migliora qualità come la curiosità, l'empatia e l'altruismo. Ascoltare vuol dire condividere, imparare a mettersi nei panni dell'altro, provare a immedesimarsi e cercare una soluzione. 
L'ambiente scolastico è purtroppo anche fonte di STRESS per i ragazzi che imparano però a gestirlo partendo da piccole difficoltà… è essenziale che comprendano il ruolo che lo stress riveste nella loro vita. Credo sia prioritario da parte di noi docenti non alimentare occasioni di stress ma fornire strumenti e consigli per vivere serenamente.
Per scaricare lo stress gli alunni potrebbero “giocare”: l'esercizio fisico, le attività creative, parlare e confrontarsi sono modalità per sfogare la rabbia (ultimamente ai giovani queste opportunità sono state molto molto limitate). Diversamente, ritirarsi dalle sfide e il tenere dentro di sé i sentimenti, il mangiare in modo irregolare e malsano, esternare comportamenti violenti, l'abbandonarsi ad attività passive (TV o videogiochi), il far uso di alcol e di droghe, l'attività sessuale precoce, l'incolpare gli altri dei propri problemi sono modalità molto pericolose... sta a noi adulti sorvegliare, intervenire, supportare. Mai sminuire lo stress provato dai ragazzi, mai! Lo stress allontana dall’apprendimento significativo, mette in serie difficoltà l’alunno che non riesce a interiorizzare le competenze. 
Un ragazzo è riconosciuto “competente” quando, facendo ricorso a tutte le capacità di cui dispone, utilizza le conoscenze e le abilità apprese per: esprimere un personale modo di essere e proporlo agli altri, interagire con l’ambiente naturale e sociale che lo circonda, risolvere i problemi che di volta in volta incontra, riflettere su se stesso e gestire il proprio processo di crescita, anche chiedendo aiuto, maturare il senso del bello, conferire senso alla vita». In modo più sintetico, possiamo dire che l’individuo competente sa affrontare le situazioni e risolvere i problemi mettendo in campo, in modo proficuo, conoscenze, abilità, attitudini. 

Concludendo, a scuola così basata sulle “competenze di vita” implica una didattica in cui lo studente diventa protagonista della costruzione del proprio processo di apprendimento: le competenze chiave sono connesse con il concetto di «apprendimento significativo» con le finalità di realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale. 
  
Articolo e immagine di 2021 © Francesca Marazzi 20 aprile  2021
 

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𝐒𝐦𝐚𝐧𝐢𝐚𝐒𝐜𝐡𝐨𝐨𝐥 𝐛𝐲 𝐅𝐫𝐚𝐧𝐜𝐲

𝐈𝐍𝐂𝐋𝐔𝐒𝐈𝐎𝐍𝐄


𝑁𝑜𝑖 𝑑𝑜𝑐𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑑𝑖 𝑆𝑐𝑢𝑜𝑙𝑎 𝑆𝑒𝑐𝑜𝑛𝑑𝑎𝑟𝑖𝑎 𝑑𝑖 𝐼 𝑔𝑟𝑎𝑑𝑜 𝑎 𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑜 𝑎𝑛𝑛𝑜 𝑐𝑜𝑛𝑜𝑠𝑐𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑖 𝑔𝑙𝑖 𝑎𝑙𝑢𝑛𝑛𝑖 𝑖𝑠𝑐𝑟𝑖𝑡𝑡𝑖 𝑖𝑛 𝑃𝑟𝑖𝑚𝑎, 𝑖𝑛𝑑𝑖𝑝𝑒𝑛𝑑𝑒𝑛𝑡𝑒𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑑𝑎𝑙𝑙𝑎 𝐶𝑙𝑎𝑠𝑠𝑒 𝑒 𝑑𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑆𝑒𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑖𝑙 𝐷𝑖𝑟𝑖𝑔𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑐𝑖 𝑎𝑠𝑠𝑒𝑔𝑛𝑒𝑟𝑎̀, 𝑐𝑜𝑛 𝑝𝑎𝑟𝑡𝑖𝑐𝑜𝑙𝑎𝑟𝑒 𝑎𝑡𝑡𝑒𝑛𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑎𝑔𝑙𝑖 𝑎𝑙𝑢𝑛𝑛𝑖 𝑐𝑜𝑛 𝑏𝑖𝑠𝑜𝑔𝑛𝑖 𝑒𝑑𝑢𝑐𝑎𝑡𝑖𝑣𝑖 𝑠𝑝𝑒𝑐𝑖𝑎𝑙𝑖, 𝑑𝑖𝑠𝑎𝑏𝑖𝑙𝑖𝑡𝑎̀ 𝑒 𝑑𝑖𝑣𝑒𝑟𝑠𝑖𝑡𝑎̀. 𝑃𝑟𝑜𝑔𝑒𝑡𝑡𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑒 𝑝𝑟𝑜𝑔𝑟𝑎𝑚𝑚𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑐𝑜𝑠𝑖̀ 𝑝𝑎𝑟𝑡𝑒𝑛𝑑𝑜 𝑑𝑎𝑙 𝑣𝑎𝑙𝑜𝑟𝑒 𝑑𝑒𝑙 𝑠𝑖𝑛𝑔𝑜𝑙𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑎𝑟𝑟𝑖𝑣𝑎𝑟𝑒 𝑎 𝑝𝑟𝑜𝑔𝑒𝑡𝑡𝑖 𝑒𝑑𝑢𝑐𝑎𝑡𝑖𝑣𝑜-𝑑𝑖𝑑𝑎𝑡𝑡𝑖𝑐𝑖 𝑐𝑜𝑛𝑑𝑖𝑣𝑖𝑠𝑖 𝑐ℎ𝑒 𝑝𝑜𝑠𝑠𝑎𝑛𝑜 𝑣𝑎𝑙𝑜𝑟𝑖𝑧𝑧𝑎𝑟𝑒 𝑖𝑙 𝑙𝑜𝑟𝑜 𝑒𝑠𝑠𝑒𝑟𝑒 𝑠𝑝𝑒𝑐𝑖𝑎𝑙𝑖 𝑒 𝑝𝑜𝑟𝑡𝑎𝑟𝑙𝑖 𝑎 𝑐𝑟𝑒𝑠𝑐𝑒𝑟𝑒 𝑖𝑛 𝑠𝑒𝑟𝑒𝑛𝑖𝑡𝑎̀ 𝑒 𝑎𝑟𝑚𝑜𝑛𝑖𝑎 𝑐𝑜𝑛 𝑙𝑎 𝑆𝑐𝑢𝑜𝑙𝑎 𝑐ℎ𝑒 𝑙𝑖 𝑎𝑐𝑐𝑜𝑔𝑙𝑖𝑒.


𝐋𝐚 𝐝𝐢𝐯𝐞𝐫𝐬𝐢𝐭𝐚̀ 𝐞̀ 𝐜𝐚𝐫𝐚𝐭𝐭𝐞𝐫𝐢𝐬𝐭𝐢𝐜𝐚 𝐝𝐢 𝐨𝐠𝐧𝐮𝐧𝐨 𝐝𝐢 𝐧𝐨𝐢, 𝐞̀ 𝐫𝐢𝐜𝐜𝐡𝐞𝐳𝐳𝐚, 𝐮𝐧𝐢𝐜𝐢𝐭𝐚̀; 𝐜𝐨𝐧 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐚 𝐜𝐨𝐧𝐬𝐚𝐩𝐞𝐯𝐨𝐥𝐞𝐳𝐳𝐚 𝐨𝐠𝐧𝐢 𝐝𝐨𝐜𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐚𝐜𝐜𝐨𝐠𝐥𝐢𝐞 𝐞 𝐚𝐜𝐜𝐨𝐦𝐩𝐚𝐠𝐧𝐚 𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐥𝐮𝐧𝐧𝐢 𝐧𝐞𝐥 𝐩𝐞𝐫𝐜𝐨𝐫𝐬𝐨 𝐝𝐢 𝐜𝐫𝐞𝐬𝐜𝐢𝐭𝐚, 𝐜𝐨𝐥 𝐩𝐫𝐨𝐩𝐫𝐢𝐨 𝐬𝐭𝐢𝐥𝐞 𝐞 𝐫𝐢𝐭𝐦𝐨 𝐝𝐢 𝐚𝐩𝐩𝐫𝐞𝐧𝐝𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨. 

𝐿𝑎 𝑆𝑐𝑢𝑜𝑙𝑎 𝑐ℎ𝑒 𝑎𝑐𝑐𝑜𝑔𝑙𝑖𝑒 𝑙𝑎 𝑑𝑖𝑣𝑒𝑟𝑠𝑖𝑡𝑎̀ 𝑒̀ 𝑎𝑝𝑒𝑟𝑡𝑎, 𝑐𝑜𝑙𝑙𝑎𝑏𝑜𝑟𝑎𝑡𝑖𝑣𝑎 𝑒 𝑙𝑎𝑏𝑜𝑟𝑎𝑡𝑜𝑟𝑖𝑎𝑙𝑒 𝑒 ℎ𝑎 𝑐𝑜𝑠𝑖̀ 𝑣𝑎𝑙𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑠𝑜𝑐𝑖𝑎𝑙𝑒: 
crea occasione di scambio, integrazione, amicizia, relazioni anche nel contesto sociale in cui è inserita (pensate alla possibilità di frequentare società sportive come palestre, maneggi, piscine, la biblioteca, la Proloco, la piazza..). 

𝐿𝑎 𝑆𝑐𝑢𝑜𝑙𝑎 𝑠𝑖 𝑖𝑚𝑝𝑒𝑔𝑛𝑎 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑝𝑟𝑜𝑚𝑜𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑣𝑖𝑙𝑢𝑝𝑝𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑓𝑜𝑟𝑚𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙’𝑒𝑑𝑢𝑐𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑚𝑒𝑑𝑖𝑎𝑛𝑡𝑒 𝑙𝑎 𝑝𝑒𝑟𝑠𝑜𝑛𝑎𝑙𝑖𝑧𝑧𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑖 𝑝𝑒𝑟𝑐𝑜𝑟𝑠𝑖 𝑓𝑜𝑟𝑚𝑎𝑡𝑖𝑣𝑖 𝑒 𝑣𝑎𝑙𝑜𝑟𝑖𝑧𝑧𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑒𝑡𝑒𝑛𝑧𝑒. 
La Classe non è unico luogo di inclusione, importante è trovare spazi e occasioni per allargare la condivisione, in un’ottica generale di integrazione tra abilità e disabilità. Il concetto di inclusione riguarda tutti, va oltre la Classe di appartenenza, per questo i momenti in inclusione nel gruppo Classe andrebbero affiancati a momenti destrutturati creando occasioni come feste, laboratori, progetti che coinvolgano alunni di Classi parallele o di età diverse. 

𝐿𝑎 𝑆𝑐𝑢𝑜𝑙𝑎 𝑚𝑒𝑡𝑡𝑒 𝑐𝑜𝑠𝑖̀ 𝑖𝑛 𝑔𝑖𝑜𝑐𝑜 𝑟𝑖𝑠𝑜𝑟𝑠𝑒, 𝑒𝑛𝑒𝑟𝑔𝑖𝑒 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑒𝑡𝑒𝑛𝑧𝑒, 𝑓𝑎𝑛𝑡𝑎𝑠𝑖𝑎 𝑝𝑒𝑟 𝑜𝑓𝑓𝑟𝑖𝑟𝑒 𝑠𝑣𝑎𝑟𝑖𝑎𝑡𝑒 𝑜𝑝𝑝𝑜𝑟𝑡𝑢𝑛𝑖𝑡𝑎̀ 𝑎𝑓𝑓𝑖𝑛𝑐ℎ𝑒́ 𝑠𝑖 𝑒𝑠𝑝𝑟𝑖𝑚𝑎𝑛𝑜 𝑎𝑏𝑖𝑙𝑖𝑡𝑎̀, 𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑒𝑠𝑠𝑖, 𝑎𝑡𝑡𝑖𝑡𝑢𝑑𝑖𝑛𝑖. 
Inclusione non è semplificazione dei programmi ma arricchimento curriculare di esperienze creativo-ludico- sportive di crescita, scambio, incontro, socializzazione. Al centro dell’agire educativo ci sono i ragazzi con tempi, potenzialità e limiti che diventano così i protagonisti dei processi di crescita.

𝐿𝑎 𝑆𝑐𝑢𝑜𝑙𝑎 𝑜𝑟𝑔𝑎𝑛𝑖𝑧𝑧𝑎 𝑔𝑟𝑢𝑝𝑝𝑖 𝑑𝑖 𝑙𝑎𝑣𝑜𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑑𝑖𝑣𝑒𝑟𝑠𝑒 𝑓𝑖𝑔𝑢𝑟𝑒 𝑝𝑟𝑜𝑓𝑒𝑠𝑠𝑖𝑜𝑛𝑎𝑙𝑖 𝑠𝑝𝑒𝑐𝑖𝑎𝑙𝑖𝑧𝑧𝑎𝑡𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑐𝑜𝑙𝑙𝑎𝑏𝑜𝑟𝑎𝑛𝑜 𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑟𝑒𝑎𝑙𝑖𝑧𝑧𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑖 𝑝𝑟𝑜𝑔𝑒𝑡𝑡𝑖 𝑖𝑛𝑐𝑙𝑢𝑠𝑖𝑣𝑖 
(denominati ad esempio “Insieme, Spazio Educativo, Diversità e Inclusione”..): docenti di sostegno, assistenti educatori, pedagogista, psicologo.
Queste equipe si attivano con sinergia per un obiettivo comune: valorizzare competenze e abilità, consentire la partecipazione attiva alla vita scolastica, arricchire la didattica con attività laboratoriali, rafforzare l'autostima, promuovere stima e fiducia negli altri, incrementare capacità espositive attraverso diversi linguaggi (verbale, corporeo, iconico..), facilitare socializzazione.

Il web è ricco di testimonianze di questo tipo: Scuole attente, sensibili e attente, propositive e organizzate, vi consiglio di navigare e leggere Progetti, guardare fotografie.. sarete meravigliati! 

  
Articolo e immagine di 2021 © Francesca Marazzi 16 marzo 2021
 

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𝐒𝐦𝐚𝐧𝐢𝐚𝐒𝐜𝐡𝐨𝐨𝐥 𝐛𝐲 𝐅𝐫𝐚𝐧𝐜𝐲

𝐎.𝐒.𝐀. 𝐐𝐔𝐀𝐋𝐈 𝐎𝐁𝐈𝐄𝐓𝐓𝐈𝐕𝐈?


𝐿'𝑎𝑙𝑢𝑛𝑛𝑜 𝑎𝑝𝑝𝑟𝑒𝑛𝑑𝑒 𝑖𝑛 𝑚𝑜𝑑𝑜 𝑝𝑒𝑟𝑠𝑜𝑛𝑎𝑙𝑒, 𝑐𝑜𝑛 𝑙𝑎 𝑠𝑢𝑎 𝑜𝑟𝑖𝑔𝑖𝑛𝑎𝑙𝑖𝑡𝑎̀ 𝑒 𝑢𝑛𝑖𝑐𝑖𝑡𝑎̀ 𝑣𝑖𝑣𝑒 𝑖𝑙 𝑝𝑒𝑟𝑐𝑜𝑟𝑠𝑜 𝑒𝑑𝑢𝑐𝑎𝑡𝑖𝑣𝑜 𝑒 𝑓𝑜𝑟𝑚𝑎𝑡𝑖𝑣𝑜, 𝑝𝑒𝑟𝑡𝑎𝑛𝑡𝑜 𝑙𝑒 𝑠𝑡𝑟𝑎𝑡𝑒𝑔𝑖𝑒 𝑑𝑖𝑑𝑎𝑡𝑡𝑖𝑐ℎ𝑒 𝑎𝑑𝑜𝑡𝑡𝑎𝑡𝑒 𝑑𝑎 𝑛𝑜𝑖 𝑑𝑜𝑐𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑑𝑒𝑣𝑜𝑛𝑜 𝑡𝑒𝑛𝑒𝑟𝑒 𝑐𝑜𝑛𝑡𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙'𝑖𝑑𝑒𝑛𝑡𝑖𝑡𝑎̀ 𝑑𝑒𝑙 𝑠𝑖𝑛𝑔𝑜𝑙𝑜, 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑠𝑢𝑒 𝑎𝑠𝑝𝑖𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖, 𝑐𝑎𝑝𝑎𝑐𝑖𝑡𝑎̀ 𝑒 𝑓𝑟𝑎𝑔𝑖𝑙𝑖𝑡𝑎̀ 𝑚𝑎 𝑑𝑒𝑣𝑜𝑛𝑜 𝑎𝑛𝑐ℎ𝑒 𝑎𝑣𝑒𝑟𝑒 𝑜𝑏𝑖𝑒𝑡𝑡𝑖𝑣𝑖 𝑓𝑜𝑟𝑚𝑎𝑡𝑖𝑣𝑖 𝑒𝑑 𝑒𝑑𝑢𝑐𝑎𝑡𝑖𝑣𝑖 𝑐𝑜𝑚𝑢𝑛𝑖, 𝑙𝑒𝑔𝑎𝑡𝑖 𝑎𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑣𝑖𝑙𝑢𝑝𝑝𝑜 𝑝𝑒𝑑𝑎𝑔𝑜𝑔𝑖𝑐𝑜 𝑐𝑎𝑟𝑎𝑡𝑡𝑒𝑟𝑖𝑠𝑡𝑖𝑐𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙’𝑒𝑡𝑎̀ 𝑒𝑣𝑜𝑙𝑢𝑡𝑖𝑣𝑎.


Le Indicazioni Nazionali forniscono un quadro di riferimento per la programmazione didattica e costituiscono le linee guida per scegliere contenuti, metodi, organizzazione e valutazione.

Coerentemente con gli obiettivi formativi previsti a livello nazionale, i docenti possono così promuovere attività significative vicine 𝐚𝐥𝐥'𝐞𝐬𝐩𝐞𝐫𝐢𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐝𝐢 𝐯𝐢𝐭𝐚 𝐪𝐮𝐨𝐭𝐢𝐝𝐢𝐚𝐧𝐚 ponendosi traguardi per lo 𝐬𝐯𝐢𝐥𝐮𝐩𝐩𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐞𝐭𝐞𝐧𝐳𝐞 𝐞 𝐥𝐚 𝐜𝐫𝐞𝐬𝐜𝐢𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥'𝐚𝐥𝐮𝐧𝐧𝐨, come persona che vive la famiglia e la società avendo un ruolo attivo e partecipativo.
In questo quadro generale, ogni docente, in accordo con i colleghi e il documento di valutazione inserito nel PTOF d'Istituto, 𝐡𝐚 𝐥𝐚 𝐥𝐢𝐛𝐞𝐫𝐭𝐚̀ 𝐞 𝐪𝐮𝐢𝐧𝐝𝐢 𝐥𝐚 𝐫𝐞𝐬𝐩𝐨𝐧𝐬𝐚𝐛𝐢𝐥𝐢𝐭𝐚̀ 𝐝𝐢 𝐬𝐜𝐞𝐠𝐥𝐢𝐞𝐫𝐞 𝐢𝐥 𝐩𝐫𝐨𝐠𝐫𝐚𝐦𝐦𝐚 𝐩𝐞𝐫 𝐟𝐚𝐫 𝐜𝐨𝐧𝐬𝐞𝐠𝐮𝐢𝐫𝐞 𝐢 𝐫𝐢𝐬𝐮𝐥𝐭𝐚𝐭𝐢 𝐦𝐢𝐠𝐥𝐢𝐨𝐫𝐢 𝐚𝐢 𝐩𝐫𝐨𝐩𝐫𝐢 𝐬𝐭𝐮𝐝𝐞𝐧𝐭𝐢. I docenti possono 𝐦𝐞𝐝𝐢𝐚𝐫𝐞, 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐩𝐫𝐞𝐭𝐚𝐫𝐞 𝐞 𝐨𝐫𝐠𝐚𝐧𝐢𝐳𝐳𝐚𝐫𝐞 𝐠𝐥𝐢 𝐨𝐛𝐢𝐞𝐭𝐭𝐢𝐯𝐢 𝐬𝐩𝐞𝐜𝐢𝐟𝐢𝐜𝐢 𝐝𝐢 𝐚𝐩𝐩𝐫𝐞𝐧𝐝𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 (𝐎𝐒𝐀) 𝐜𝐨𝐧𝐬𝐢𝐝𝐞𝐫𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐥𝐞 𝐜𝐚𝐩𝐚𝐜𝐢𝐭𝐚̀ 𝐝𝐢 𝐨𝐠𝐧𝐢 𝐫𝐚𝐠𝐚𝐳𝐳𝐨 𝐞 𝐢𝐥 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐞𝐬𝐭𝐨 𝐬𝐭𝐨𝐫𝐢𝐜𝐨 𝐬𝐨𝐜𝐢𝐚𝐥𝐞 𝐞 𝐜𝐮𝐥𝐭𝐮𝐫𝐚𝐥𝐞 che il ragazzo vive.

𝐺𝑙𝑖 𝑜𝑏𝑖𝑒𝑡𝑡𝑖𝑣𝑖 𝑓𝑜𝑟𝑚𝑎𝑡𝑖𝑣𝑖 𝑖𝑛𝑑𝑖𝑐𝑎𝑛𝑜 𝑙𝑒 𝑐𝑜𝑛𝑜𝑠𝑐𝑒𝑛𝑧𝑒 𝑒 𝑙𝑒 𝑎𝑏𝑖𝑙𝑖𝑡𝑎̀, 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑑𝑒𝑓𝑖𝑛𝑖𝑡𝑖 𝑑𝑎𝑙𝑙𝑒 𝐼𝑛𝑑𝑖𝑐𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑁𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑎𝑙𝑖 𝑝𝑒𝑟 𝑙𝑒 𝑠𝑖𝑛𝑔𝑜𝑙𝑒 𝑑𝑖𝑠𝑐𝑖𝑝𝑙𝑖𝑛𝑒 𝑒 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑠𝑡𝑟𝑒𝑡𝑡𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑐𝑜𝑟𝑟𝑒𝑙𝑎𝑡𝑖 𝑖𝑛 𝑢𝑛'𝑜𝑡𝑡𝑖𝑐𝑎 𝑐𝑜𝑚𝑢𝑛𝑒 𝑑𝑖 𝑐𝑜𝑙𝑙𝑎𝑏𝑜𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑒 𝑖𝑛𝑡𝑒𝑔𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒.
Per quanto riguarda la Matematica, ad esempio, un apprendimento risulta efficace se è relativo ad un contesto problematico reale. Per questo si lavora per 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐢𝐭𝐢 𝐝𝐢 𝐫𝐞𝐚𝐥𝐭𝐚̀: l'alunno è chiamato a mettere in atto competenze per affrontare situazioni problematiche riscontrabili nella vita quotidiana.
Tra le competenze chiave a me piace "𝐢𝐦𝐩𝐚𝐫𝐚𝐫𝐞 𝐚𝐝 𝐢𝐦𝐩𝐚𝐫𝐚𝐫𝐞" intesa come abilità nel perseverare nell'apprendimento; l'alunno impara ad avere consapevolezza del proprio processo di apprendimento e dei propri bisogni e impara ad assimilare e personalizzare conoscenze e abilità, partendo da esperienze di vita. Motivazione e fiducia sono alla base di questo processo.

Il "𝐬𝐞𝐧𝐬𝐨 𝐝𝐢 𝐢𝐧𝐢𝐳𝐢𝐚𝐭𝐢𝐯𝐚 𝐞 𝐢𝐦𝐩𝐫𝐞𝐧𝐝𝐢𝐭𝐨𝐫𝐢𝐚𝐥𝐢𝐭𝐚̀" è un'altra competenza basata su creatività, assunzione di rischi, capacità di pianificazione per raggiungere determinati obiettivi; è una competenza che aiuta nella vita quotidiana a cogliere le opportunità, a mettersi in gioco, sperimentarsi, rischiare.
Come insegnante programmo e verifico periodicamente, alunno per alunno, affinché maturino consapevolezza delle proprie potenzialità e dei propri limiti, li supporto perché si impegnino a portare a termine un lavoro, maturino un pensiero razionale che consenta loro di affrontare problemi, si orientino nello spazio e nel tempo.

𝑄𝑢𝑒𝑠𝑡𝑒 𝑐𝑎𝑝𝑎𝑐𝑖𝑡𝑎̀ 𝑛𝑜𝑛 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑖𝑐ℎ𝑒 𝑚𝑎 𝑖𝑛 𝑒𝑣𝑜𝑙𝑢𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑒 𝑑𝑖𝑣𝑒𝑛𝑡𝑎𝑛𝑜 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑒𝑡𝑒𝑛𝑧𝑒 𝑝𝑒𝑟𝑠𝑜𝑛𝑎𝑙𝑖 𝑠𝑒 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑒 𝑙𝑒 𝑑𝑖𝑠𝑐𝑖𝑝𝑙𝑖𝑛𝑒 𝑒 𝑞𝑢𝑖𝑛𝑑𝑖 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑖 𝑖 𝑑𝑜𝑐𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑜𝑟𝑟𝑜𝑛𝑜 𝑎 𝑝𝑟𝑜𝑚𝑢𝑜𝑣𝑒𝑟𝑙𝑒.
Noi docenti non siamo soli: il bello del nostro lavoro è lavorare in team, in squadra, in gruppo: sfruttiamo la risorsa confronto e mettiamoci in gioco, seguendo le Indicazioni Nazionali ma tenendo il focus sui nostri ragazzi, che percorrono la stessa strada con occhi, cuore, piedi diversi!.


Articolo e immagine di 2021 © Francesca Marazzi 16 febbraio 2021
 

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𝐒𝐦𝐚𝐧𝐢𝐚𝐒𝐜𝐡𝐨𝐨𝐥 𝐛𝐲 𝐆𝐢𝐚𝐧𝐧𝐢

CAMINITI: ABOLIAMO I VOTI ANCHE ALLE MEDIE

intervista di Focus Scuola a Gianni Caminti, di Barbara Leonardi


È un sistema classista che pregiudica il futuro dei ragazzi
I voti numerici? Non misurano un bel nulla e fanno danno. Non usa mezzi termini, Gianni Caminiti, psicologo, ma anche regista, musicista, scrittore ed editore, nell’accogliere con favore la decisione di abolirli per lo meno alla primaria. «Da anni nei miei corsi parlo dell’assurdità del voto numerico. Usiamo il sistema ordinale ma che cosa valutiamo in realtà? Se io abito al civico 2 e tu al civico 8 possiamo dire che il 2 viene prima dell’8. Ma se dicessimo che in media abitiamo al 5 diremmo una castroneria. Quando faccio questo esempio tutti i docenti sono d’accordo, il problema è che danno i voti nella stessa maniera. Se assegno un 6 a un tema e poi do un 5, vuol dire che questo compito è inferiore all’altro ma non c’è un’unità di misura e quindi fare la media è un vulnus, un danno. Se poi vado a sommare un 7 preso in un tema, un 5 in grammatica, un 6 in un’interrogazione, sto sommando pere, mele e banane e poi le divido per tre: il danno è ancora più importante».

La media di tutte le materie
Rincara Caminiti: «E vogliamo parlare del giudizio finale alla secondaria di primo grado in cui si fa la media di tutte le materie? Una media avrebbe senso se potessi usare scale metriche, ma queste non sono applicabili a nessuna delle materie che si insegnano a scuola, fatta eccezione per educazione motoria. Per tutto il resto, l’esposizione conta moltissimo e il giudizio, per forza di cose, è soggettivo». Per spiegarsi meglio Caminiti ricorre al paragone con lo sport. «È evidente che chi salta più in alto vince. Però ci sono sport dove per decretare chi ha vinto servono dei giudici. E non un giudice solo, tanti. Proprio per stemperare il vulnus del giudizio soggettivo. Per esempio, nei tuffi. La regola vuole che si scartino il giudizio più alto e quello più basso e poi si faccia la media dei voti moltiplicandola per il coefficiente di difficoltà del tuffo. Un meccanismo complesso che riduce, ma non azzera l’ingiustizia, tanto che nessun tuffatore ha mai vinto l’oro senza essere passato prima per un bronzo, perché il giudizio non è indipendente dalla conoscenza della persona. Quindi dobbiamo interrogarci a fondo: che cosa misuriamo con il voto numerico? Nulla. Tranne in ginnastica. Il voto numerico non è mai servito a niente se non a stabilire ordinalmente che quel compito è migliore del tuo. Quindi a fare qualcosa di dannoso, a dividere gli studenti in caste, la seriazione umana». Caminiti i voti numerici li abolirebbe senza dubbio anche alle medie. Tra l’altro, questi numeri decretano il futuro dei ragazzini che all’uscita dalla secondaria di primo grado magari non possono iscriversi ai licei “blasonati”. Un limite reso ancora più ingiusto dalla mancanza di un criterio uniforme di valutazione. I voti cambiano a seconda delle zone, delle scuole, degli insegnanti all’interno di uno stesso istituto: alcuni assegnano al massimo 8, altri 10... «Non solo: in una classe, dove tutti vanno bene, la soglia della sufficienza viene alzata, così come in una classe dove tutti vanno male viene abbassata» osserva Caminiti. «Questo sistema è classista e pregiudica il futuro dei ragazzi. Il 30% non arriva al diploma. È colpa di una scuola che non insegna, ma seleziona. La selezione per avere senso deve prevedere in partenza quanti arriveranno in fondo. Se un Comune emette un bando per tre geometri, non importa quanti si iscriveranno: solo tre verranno assunti. La scuola no, deve portare le persone (meglio se tutte!) da un livello di non competenza a un livello di competenza». Invece, sempre più licei pongono paletti all’ingresso, accettano solo chi ha medie alte. «Questo lede il diritto allo studio. Non possiamo cambiare la realtà di un adolescente? In un Paese dove persino la carcerazione è riabilitativa?».

Diventare competenti
La riforma vorrebbe spingere i docenti ad adottare criteri di valutazione per competenze: sarebbe corretto? «Speriamo! Il voto numerico nel 99% dei casi certifica solo le conoscenze, ma queste non sono fondamentali: se non so una cosa, in cinque minuti la trovo su Internet. Quello che ci viene chiesto, anche dal mondo del lavoro, è invece di essere competenti, di risolvere problemi nuovi. Su questo dovrebbero essere misurati gli studenti. Gli insegnanti dovrebbero interrogarsi sul valore delle conoscenze che trasmettono: sono stabili o temporanee? Se ripeto a pappagallo quello che ho studiato la sera prima prendo 9, ma cosa mi rimane dopo un mese? Un’abilità, invece, indica che io quelle cose le maneggio. E una competenza certifica che usando le mie conoscenze e le mie abilità riesco a risolvere situazioni nuove». Certamente, ma come valutarla? «In un corso a Vimercate ho chiesto ai docenti di scrivere su un bigliettino cosa pensavano fosse la sufficienza. Sono arrivate 120 risposte, le ho clusterizzate: tre pagine! Noi pensiamo di parlare della stessa cosa e invece no. Prima di tutto dovremmo concordare sul significato di sufficienza: che cosa riteniamo che tu alla tua età debba saper fare per stare al mondo. Nel momento in cui raggiungi quella competenza ce l’hai fatta: il 6 significa che ce l’hai fatta, non il 7, l’8 o il 9. E il 5? Quel voto dice che al momento non ce l’hai fatta, ma ce la farai. Che cosa significa? Faccio un esempio. Una competenza è saper sollevare questa tazza. Ci provo e sbaglio tante volte, quindi prendo tanti 4, o 5 se ci sono quasi riuscito. Ma se alla fine dell’anno riesco a farlo, perché mi devi rimandare a settembre? Io quella competenza l’ho raggiunta!».

Il valore dell’errore
Il fatto che l’apprendimento sia essenzialmente una progressione, in effetti, fa a pugni con la media matematica calcolata sullo storico dei voti. Se un ragazzino è partito dal 4 e arriva all’8, si merita forse 9 per lo sforzo che fa fatto, non 6 come indica la media. «Certo, e se uno ha preso 4, 4 e 6 in fondo all’anno, che cosa si merita? Di essere promosso! Se fai fare una cosa, passi al gradino dopo. E se non la sai fare? Vuol dire che per quella prova non sei ancora pronto, ma ce la farai. Non è una questione di impegno, ma di tempo: il numero di prove necessarie per riuscirci. Il dramma è che senza errore non c’è apprendimento, ma appena sbagli rischi l’anno. I ragazzi che sbagliano vengono etichettati subito e questo li frena dal riprovare, abbandonano la partita». Resta il problema di come si valutano le competenze... «Quando certifico la competenza di qualcuno, verifico che si sa muovere collegando saperi diversi, facendo interferenze. Per valutare la competenza serve una prestazione complessa. Bisogna fare progetti, mettere i ragazzi di fronte a problemi nuovi e vedere come se la cavano. Dobbiamo fare in modo che il docente, pur nella sua soggettività, possa certificare una competenza che, badate bene, è solo temporanea, va mantenuta nel tempo». I docenti saranno in grado di cogliere lo spirito della riforma, o tutto si risolverà in uno scambio di etichette, giudizio al posto del numero? «Il fatto che il voto non compaia più in pagella per me è già molto; la paura però è che poi si trovi la formula verbale per significare 6, 7, 8, 9 e 10. Serve molta formazione. Anche i docenti ora devono dimostrare di essere competenti, cioè di saper uscire dalle etichette. Certo, non bisogna limitarsi a usare sufficiente, buono, discreto su scala ordinale».


Intervista a Gianni Caminiti Focus Scuola gennaio 2021
Nella foto uno screenshot della testata
 

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𝐒𝐦𝐚𝐧𝐢𝐚𝐒𝐜𝐡𝐨𝐨𝐥 𝐛𝐲 𝐅𝐫𝐚𝐧𝐜𝐲

𝐌𝐀𝐍𝐎 𝐍𝐄𝐋𝐋𝐀 𝐌𝐀𝐍𝐎


𝐼𝑙 𝑡𝑟𝑖𝑒𝑛𝑛𝑖𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑆𝑐𝑢𝑜𝑙𝑎 𝑆𝑒𝑐𝑜𝑛𝑑𝑎𝑟𝑖𝑎 𝑑𝑖 𝐼 𝑔𝑟𝑎𝑑𝑜 𝑒̀ 𝑢𝑛𝑎 "𝑡𝑒𝑟𝑟𝑎 𝑑𝑖 𝑚𝑒𝑧𝑧𝑜" 𝑡𝑟𝑎 𝑙'𝑖𝑛𝑓𝑎𝑛𝑧𝑖𝑎 𝑒 𝑙'𝑎𝑑𝑜𝑙𝑒𝑠𝑐𝑒𝑛𝑧𝑎: 𝑔𝑙𝑖 𝑎𝑙𝑢𝑛𝑛𝑖 𝑎𝑟𝑟𝑖𝑣𝑎𝑛𝑜 𝑑𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑃𝑟𝑖𝑚𝑎𝑟𝑖𝑎 𝑏𝑎𝑚𝑏𝑖𝑛𝑖 𝑒 𝑖𝑛 𝑡𝑟𝑒 𝑎𝑛𝑛𝑖 𝑖𝑚𝑝𝑎𝑟𝑎𝑛𝑜 𝑎 𝑒𝑠𝑝𝑟𝑖𝑚𝑒𝑟𝑒 𝑖𝑙 𝑙𝑜𝑟𝑜 𝑒𝑠𝑠𝑒𝑟𝑒, 𝑙𝑒 𝑙𝑜𝑟𝑜 𝑎𝑡𝑡𝑖𝑡𝑢𝑑𝑖𝑛𝑖, 𝑙𝑒 𝑠𝑓𝑢𝑚𝑎𝑡𝑢𝑟𝑒 𝑐𝑎𝑟𝑎𝑡𝑡𝑒𝑟𝑖𝑎𝑙𝑖 𝑖𝑛 𝑚𝑜𝑑𝑜 𝑐𝑜𝑠𝑖̀ 𝑑𝑒𝑡𝑒𝑟𝑚𝑖𝑛𝑎𝑡𝑜 𝑒 𝑢𝑛𝑖𝑐𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑠𝑝𝑒𝑠𝑠𝑜 𝑖 𝑔𝑒𝑛𝑖𝑡𝑜𝑟𝑖 𝑛𝑜𝑛 𝑙𝑖 𝑟𝑖𝑐𝑜𝑛𝑜𝑠𝑐𝑜𝑛𝑜 𝑒 𝑓𝑎𝑡𝑖𝑐𝑎𝑛𝑜 𝑎 𝑠𝑡𝑎𝑟𝑒 𝑎𝑙 𝑝𝑎𝑠𝑠𝑜 𝑑𝑒𝑖 𝑙𝑜𝑟𝑜 𝑐𝑎𝑚𝑏𝑖𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑖.


Questa fatica nel riconoscere il "nuovo figlio", nel capirlo e accettarlo, sta alla base spesso delle incomprensioni scuola-famiglia, perchè tra i pari i ragazzi si relazionano in modo diverso che con i famigliari e a scuola esprimono il loro essere seguendo regole dettate dalle dinamiche di gruppo e stimoli diversi, come la competizione, il confronto, l’essere giudicati.
𝐋𝐚 𝐬𝐜𝐮𝐨𝐥𝐚 𝐞̀ 𝐩𝐚𝐥𝐞𝐬𝐭𝐫𝐚 𝐝𝐢 𝐯𝐢𝐭𝐚, 𝐦𝐞𝐭𝐭𝐞 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐩𝐫𝐨𝐯𝐚, 𝐩𝐞𝐫𝐭𝐚𝐧𝐭𝐨 𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐥𝐮𝐧𝐧𝐢 𝐠𝐢𝐨𝐜𝐚𝐧𝐨 𝐥𝐞 𝐥𝐨𝐫𝐨 𝐜𝐚𝐫𝐭𝐞 𝐢𝐧 𝐦𝐨𝐝𝐨 𝐩𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧𝐚𝐥𝐞 𝐞 𝐚𝐮𝐭𝐨𝐧𝐨𝐦𝐨, 𝐬𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐩𝐢𝐮̀ 𝐝𝐨𝐯𝐞𝐫 𝐧𝐞𝐜𝐞𝐬𝐬𝐚𝐫𝐢𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐚𝐯𝐞𝐫𝐞 𝐥'𝐚𝐩𝐩𝐨𝐠𝐠𝐢𝐨, 𝐥'𝐚𝐩𝐩𝐫𝐨𝐯𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞, 𝐥𝐚 𝐬𝐮𝐩𝐞𝐫𝐯𝐢𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐢 𝐦𝐚𝐦𝐦𝐚 𝐞 𝐩𝐚𝐩𝐚̀.

Io sono docente e mamma, e mi rendo conto quanto si faccia più fatica ad accompagnare i propri figli nel cammino di crescita rispetto agli alunni; questo perchè con gli alunni si ha un 𝑐𝑜𝑖𝑛𝑣𝑜𝑙𝑔𝑖𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑒𝑚𝑜𝑡𝑖𝑣𝑜 mentre con i figli è un vero e proprio 𝑠𝑡𝑟𝑎𝑣𝑜𝑙𝑔𝑖𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑒𝑚𝑜𝑡𝑖𝑣𝑜 che pervade mamma e papà!
Gli insegnanti, giorno dopo giorno, anno dopo anno, imparano a guidare i ragazzi nel cambiamento e i genitori nell'accettazione di questo cambiamento. Spesso i genitori rimangono increduli davanti a episodi unici, rari, nuovi che i figli mettono in atto ma solo la fiducia nei docenti può aiutare nel riconoscere l'unicità del figlio.
𝐃𝐚 𝐠𝐞𝐧𝐢𝐭𝐨𝐫𝐞 𝐞 𝐝𝐚 𝐢𝐧𝐬𝐞𝐠𝐧𝐚𝐧𝐭𝐞 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐜𝐨𝐧𝐯𝐢𝐧𝐭𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐜𝐨𝐥𝐥𝐚𝐛𝐨𝐫𝐚𝐫𝐞 𝐞 𝐜𝐨𝐧𝐝𝐢𝐯𝐢𝐝𝐞𝐫𝐞 𝐯𝐚𝐥𝐨𝐫𝐢 𝐞 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐞𝐧𝐮𝐭𝐢 𝐞𝐝𝐮𝐜𝐚𝐭𝐢𝐯𝐢 𝐬𝐢𝐚 𝐢𝐦𝐩𝐨𝐫𝐭𝐚𝐧𝐭𝐞 𝐩𝐞𝐫 𝐥𝐚 𝐬𝐞𝐫𝐞𝐧𝐢𝐭𝐚̀ 𝐝𝐞𝐢 𝐫𝐚𝐠𝐚𝐳𝐳𝐢, 𝐩𝐞𝐫𝐜𝐡𝐞̀ 𝐩𝐨𝐬𝐬𝐚𝐧𝐨 𝐬𝐞𝐧𝐭𝐢𝐫𝐬𝐢 𝐚𝐟𝐟𝐢𝐚𝐧𝐜𝐚𝐭𝐢 𝐝𝐚𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐝𝐮𝐥𝐭𝐢 𝐝𝐢 𝐫𝐢𝐟𝐞𝐫𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨, 𝐠𝐞𝐧𝐢𝐭𝐨𝐫𝐢 𝐚 𝐝𝐞𝐬𝐭𝐫𝐚 𝐞 𝐝𝐨𝐜𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐚 𝐬𝐢𝐧𝐢𝐬𝐭𝐫𝐚, 𝐦𝐚𝐧𝐨 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐦𝐚𝐧𝐨, 𝐧𝐞𝐥 𝐩𝐞𝐫𝐜𝐨𝐫𝐬𝐨 𝐝𝐢 𝐜𝐫𝐞𝐬𝐜𝐢𝐭𝐚.
Talvolta i genitori provano sentimenti di inadeguatezza quando per esempio vengono comunicate loro le difficoltà del figlio o comportamenti inadeguati messi in atto in ambito scolastico, provano un senso di colpa e vergogna e pensano di star fallendo. Ma gli insegnanti non giudicano lo stile educativo della famiglia, piuttosto collaborano e comprendono bisogni, difficoltà eventuali anche con il supporto degli specialisti (psicologi e pedagogisti) che li affiancano. Pertanto, esprimere disaccordo o perplessità sulle decisioni degli insegnanti può avere effetti negativi nel rapporto a tre ragazzo/famiglia/scuola.

𝐋𝐚 𝐜𝐡𝐢𝐚𝐯𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐬𝐮𝐜𝐜𝐞𝐬𝐬𝐨 𝐟𝐨𝐫𝐦𝐚𝐭𝐢𝐯𝐨 𝐞𝐝 𝐞𝐝𝐮𝐜𝐚𝐭𝐢𝐯𝐨 𝐞̀ 𝐢𝐥 𝐝𝐢𝐚𝐥𝐨𝐠𝐨 𝐭𝐫𝐚 𝐥𝐞 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐢.

A volte, però, alcuni genitori si sottraggono alle situazioni scomode di imbarazzo o di sensazione di essere giudicati, evitano il confronto e si rendono irreperibili, non partecipano a riunioni e non aderiscono ai colloqui. Chiedere consiglio e manifestare apertura e fiducia, collaborare coordinandosi è una delle strategie migliori per creare un buon rapporto in cui il ragazzo sia al centro delle fatiche emotive degli adulti.

𝐋𝐚 𝐫𝐞𝐥𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐯𝐚 𝐜𝐨𝐬𝐭𝐫𝐮𝐢𝐭𝐚 𝐠𝐢𝐨𝐫𝐧𝐨 𝐝𝐨𝐩𝐨 𝐠𝐢𝐨𝐫𝐧𝐨, 𝐚𝐟𝐟𝐫𝐨𝐧𝐭𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐢𝐧𝐬𝐢𝐞𝐦𝐞 𝐥𝐞 𝐝𝐢𝐟𝐟𝐢𝐜𝐨𝐥𝐭𝐚̀, 𝐫𝐢𝐬𝐩𝐞𝐭𝐭𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐢 𝐫𝐮𝐨𝐥𝐢 𝐞 𝐝𝐢𝐦𝐨𝐬𝐭𝐫𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐟𝐢𝐝𝐮𝐜𝐢𝐚.

Il genitore ha il compito di sostenere e comprendere il figlio, il docente ha il compito di trasmettere conoscenze, aiutare nella crescita emotiva relazionale, rendere autonomo l'alunno.
Puntualizzare e criticare rispetto a programmi o metodi didattici o stili educativi sono errori comuni che andrebbero evitati: facciamo tutti un bel respiro, fidiamoci e confrontiamoci cosicchè il ragazzo possa sentirsi compreso, supportato e guidato da entrambe le parti!

Perchè il rapporto sia vissuto serenamente è importante comunicare le insicurezze e trovare insieme la strategia per aiutare il ragazzo a superare paure e difficoltà, evitiamo atteggiamenti di arroganza e prepotenza, non critichiamo il ruolo dei patners educativi.
La scuola ha un ruolo essenziale nella formazione delle future generazioni, ha competenze didattiche disciplinari e di gestione del gruppo e integra competenze educative che sono prerogativa della famiglia.
Come insegnanti trasmettiamo con entusiasmo e ottimismo il sostegno alle fatiche dei genitori, valorizziamo piccoli e grandi progressi didattici e disciplinari, sosteniamo e affianchiamo il progetto educativo famigliare, dimostriamo che non conta solo un bel voto ma partecipare con rispetto e coinvolgimento alla vita scolastica, manifestiamo sincero rispetto per l'operato dei genitori a cui sfugge di mano il figlio quale ermetico e misterioso adolescente, responsabilizziamo gli alunni stessi su compiti… prendiamo per mano e camminiamo insieme!.


Articolo e immagine di 2021 © Francesca Marazzi 19 gennaio 2021
 

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𝐒𝐦𝐚𝐧𝐢𝐚𝐒𝐜𝐡𝐨𝐨𝐥 𝐛𝐲 Francy

𝐂𝐎𝐒𝐓𝐑𝐔𝐈𝐑𝐄 𝐑𝐄𝐋𝐀𝐙𝐈𝐎𝐍𝐈 𝐈𝐍 𝐂𝐋𝐀𝐒𝐒𝐄: 𝐬𝐞𝐦𝐢 𝐜𝐡𝐞 𝐠𝐞𝐫𝐦𝐨𝐠𝐥𝐢𝐚𝐧𝐨


Noi insegnanti abbiamo un ruolo essenziale nel tessuto di relazioni e nelle dinamiche di classe, siamo responsabili della formazione del carattere degli alunni, del rafforzamento dell’autostima, del loro benessere inteso come “stare bene con se stessi e insieme agli altri”.
𝐆𝐥𝐢 𝐬𝐭𝐮𝐝𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐩𝐞𝐫𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐚𝐧𝐨 𝐮𝐧 𝐜𝐥𝐢𝐦𝐚 𝐝𝐢 𝐜𝐨𝐧𝐨𝐬𝐜𝐞𝐧𝐳𝐚, 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐫𝐞𝐧𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞, 𝐚𝐭𝐭𝐞𝐧𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞, 𝐬𝐮𝐩𝐩𝐨𝐫𝐭𝐨 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐫𝐞𝐥𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐜𝐨𝐧 𝐠𝐥𝐢 𝐢𝐧𝐬𝐞𝐠𝐧𝐚𝐧𝐭𝐢 𝐞 𝐜𝐨𝐧 𝐢 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐚𝐠𝐧𝐢, 𝐬𝐢 𝐬𝐞𝐧𝐭𝐨𝐧𝐨 𝐜𝐨𝐢𝐧𝐯𝐨𝐥𝐭𝐢 𝐞 𝐬𝐢 𝐦𝐞𝐭𝐭𝐨𝐧𝐨 𝐢𝐧 𝐠𝐢𝐨𝐜𝐨 𝐜𝐨𝐧 𝐬𝐞𝐫𝐞𝐧𝐢𝐭𝐚̀ 𝐧𝐞𝐥 𝐩𝐫𝐨𝐜𝐞𝐬𝐬𝐨 𝐝𝐢 𝐚𝐩𝐩𝐫𝐞𝐧𝐝𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨.
E’ verificato infatti che i ragazzi che a scuola conseguono i risultati migliori sono quelli che si sentono seguiti e rispettati dagli insegnanti.

Gli studenti rispondono meglio ai docenti che mostrano interesse nei loro confronti perché la possibilità di relazioni positive con adulti diversi dai genitori dà ai ragazzi un senso di appartenenza; li aiuta a creare una propria identità, a migliorare le loro abilità psicologiche e sociali.

A me piace farmi sentire vicina, creare un clima di calore, un rapporto di confidenza di emozioni ed esperienze di vita. La disciplina che più mi permette di creare un ambiente "familiare" è Scienze: tutti gli argomenti hanno agganci con la vita personale degli alunni e loro, raccontando, si sentono vicini a me e quindi allo studio, tale coinvolgimento personalizzato motiva i ragazzi ad imparare.

Quando mi mostro attenta e rispettosa delle differenze individuali (sociali e scolastiche), mi rendo conto a posteriori che ho contribuito allo sviluppo della fiducia in se stessi: li chiamo per nome, li guardo negli occhi, sorrido e li saluto se li incontro fuori dall’aula, mi interesso alla vita privata se hanno voglia di raccontarmi (compleanni, sport, famiglia..), mi avvicino al banco, regalo complimenti sul taglio di capelli e abbigliamento.

𝐒𝐮𝐩𝐩𝐨𝐫𝐭𝐚𝐫𝐞 𝐬𝐢𝐠𝐧𝐢𝐟𝐢𝐜𝐚 𝐝𝐚𝐫𝐞 𝐚𝐭𝐭𝐞𝐧𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞: l'adolescente ha bisogno di sentire che l’insegnante ci tiene a lui, lo conosce e gli dedica sguardi, commenti personalizzati, che si ricordi episodi o particolari legati alla sua persona, ha bisogno di essere sostenuto in un percorso di autonomia, ha bisogno di rimandi positivi e costruttivi.

Per migliorare la qualità della relazione docente-studente, cerco così di creare un ambiente con “regole di comportamento” chiare, definite e condivise che nel tempo vengano riconosciute e rinforzate per offrire ai ragazzi un senso di solidità e stabilità.
Ad esempio, soprattutto in Matematica, valorizzo le qualità e le competenze specifiche dei ragazzi (intuito, metodo, approccio sperimentale, interventi), dò spazio e tempo perché possano esprimere opinioni personali durante la lezione e possano così relazionarsi tra loro liberamente, ma correttamente, all’inizio e alla fine della lezione o nei momenti di lavori a gruppi.
Soprattutto con i ragazzi di Seconda e Terza, mi piace usare l’umorismo, faccio battute, riferimenti a serie tv, film, canzoni che loro conoscono, uso i doppi sensi, mi interesso ai loro risultati sportivi, alle vacanze…

Di fronte all’insorgere di problemi relazionali (a nella preadolescenza è facile che i ragazzi litighino per incomprensioni, per prese di posizione, per fattori caratteriali...), affronto insieme a loro dibattiti di classe provando prima a considerare la situazione dalla loro prospettiva: li ascolto, cerco di non minimizzare i loro sentimenti ma di valorizzare i loro bisogni e mi pongo cercando con loro il compromesso, la soluzione sempre in un’ottica educativa, positiva, comprensiva.
A volte capita di dover gestire loro comportamenti di sfida, non sempre è facile tenere un rapporto di fiducia quando si rompe l’equilibrio relazionale ma per esperienza ho verificato che sono i ragazzi stessi a voler riprendere il rapporto perché noi docenti siamo i riferimenti e, insieme ai genitori in una relazione di corresponsabilità educativa, contribuiamo alla loro crescita. Importante è allora stimolarli ad averne la consapevolezza: spesso lo riconoscono a posteriori, dopo anni.

𝐄𝐜𝐜𝐨 𝐩𝐞𝐫𝐜𝐡𝐞́ 𝐢𝐧𝐬𝐞𝐠𝐧𝐚𝐫𝐞 𝐞̀ 𝐦𝐞𝐫𝐚𝐯𝐢𝐠𝐥𝐢𝐨𝐬𝐨: per il triennio noi docenti viviamo la relazione docente-studente e poi rimangono ricordi di volti, di nomi, di peculiarità caratteriali ed episodi…
𝐐𝐮𝐞𝐥𝐥𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐚𝐛𝐛𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐬𝐞𝐦𝐢𝐧𝐚𝐭𝐨 𝐩𝐫𝐢𝐦𝐚 𝐨 𝐩𝐨𝐢 𝐠𝐞𝐫𝐦𝐨𝐠𝐥𝐢𝐚!!!.


Articolo e immagine di 2020 © Francesca Marazzi 15 dicembre 2020
 

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𝐒𝐦𝐚𝐧𝐢𝐚𝐒𝐜𝐡𝐨𝐨𝐥 𝐛𝐲 𝐅𝐫𝐚𝐧𝐜𝐲

𝐂𝐎𝐒𝐓𝐑𝐔𝐈𝐑𝐄 𝐈𝐋 𝐋𝐄𝐒𝐒𝐈𝐂𝐎, 𝐋'𝐈𝐌𝐏𝐎𝐑𝐓𝐀𝐍𝐙𝐀 𝐃𝐄𝐋𝐋𝐄 𝐏𝐀𝐑𝐎𝐋𝐄

𝐴 𝑠𝑐𝑢𝑜𝑙𝑎 𝑜𝑔𝑛𝑖 𝑑𝑖𝑠𝑐𝑖𝑝𝑙𝑖𝑛𝑎 𝑝𝑢𝑜̀ 𝑎𝑟𝑟𝑖𝑐𝑐ℎ𝑖𝑟𝑒 𝑖𝑙 𝑙𝑒𝑠𝑠𝑖𝑐𝑜 𝑑𝑒𝑖 𝑟𝑎𝑔𝑎𝑧𝑧𝑖 𝑐𝑜𝑛 𝑙𝑖𝑛𝑔𝑢𝑎𝑔𝑔𝑖 𝑠𝑝𝑒𝑐𝑖𝑓𝑖𝑐𝑖, 𝑝𝑎𝑟𝑜𝑙𝑒 𝑐ℎ𝑖𝑎𝑣𝑒 𝑒 𝑡𝑒𝑟𝑚𝑖𝑛𝑜𝑙𝑜𝑔𝑖𝑒 𝑠𝑝𝑒𝑐𝑖𝑓𝑖𝑐ℎ𝑒 𝑙𝑒𝑔𝑎𝑡𝑒 𝑎𝑙𝑙’𝑎𝑚𝑏𝑖𝑡𝑜 𝑑𝑖 𝑠𝑡𝑢𝑑𝑖𝑜.


𝐋𝐨 𝐬𝐯𝐢𝐥𝐮𝐩𝐩𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐞𝐭𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐥𝐞𝐬𝐬𝐢𝐜𝐚𝐥𝐞 𝐠𝐢𝐨𝐜𝐚 𝐮𝐧 𝐫𝐮𝐨𝐥𝐨 𝐟𝐨𝐧𝐝𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐚𝐥𝐞 𝐧𝐞𝐥𝐥’𝐚𝐩𝐩𝐫𝐞𝐧𝐝𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐥𝐢𝐧𝐠𝐮𝐢𝐬𝐭𝐢𝐜𝐨.
Le parole sono come piccoli pezzettini di lego che insieme costruiscono un discorso, ogni parola ha la sua importanza, ogni pezzettino entra nella mente e viene memorizzato se è legato a un significato e se la mente utilizza strategie di memorizzazione: o perché è un termine usato frequentemente o perché è legato a una spiegazione e ha un’origine esplicitata.

𝐀 𝐬𝐜𝐮𝐨𝐥𝐚 𝐨𝐠𝐧𝐢 𝐝𝐢𝐬𝐜𝐢𝐩𝐥𝐢𝐧𝐚 𝐩𝐮𝐨̀ 𝐚𝐫𝐫𝐢𝐜𝐜𝐡𝐢𝐫𝐞 𝐢𝐥 𝐥𝐞𝐬𝐬𝐢𝐜𝐨 𝐝𝐞𝐢 𝐫𝐚𝐠𝐚𝐳𝐳𝐢 𝐜𝐨𝐧 𝐥𝐢𝐧𝐠𝐮𝐚𝐠𝐠𝐢 𝐬𝐩𝐞𝐜𝐢𝐟𝐢𝐜𝐢, 𝐩𝐚𝐫𝐨𝐥𝐞 𝐜𝐡𝐢𝐚𝐯𝐞 𝐞 𝐭𝐞𝐫𝐦𝐢𝐧𝐨𝐥𝐨𝐠𝐢𝐞 𝐬𝐩𝐞𝐜𝐢𝐟𝐢𝐜𝐡𝐞 𝐥𝐞𝐠𝐚𝐭𝐞 𝐚𝐥𝐥’𝐚𝐦𝐛𝐢𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐬𝐭𝐮𝐝𝐢𝐨.
E’ importante che gli alunni conoscano i meccanismi della formazione delle parole: si possono alternare momenti di analisi del testo e di “formalizzazione” delle scoperte attraverso la collaborazione e il confronto all’interno del gruppo classe. L’utilizzo di suffissi e prefissi ad esempio costituisce un procedimento molto produttivo perché la consapevolezza dei meccanismo di formazione delle parole consolida negli alunni lo sviluppo della capacità di comprensione di termini sconosciuti all’interno di un testo e favorire il miglioramento delle competenze linguistiche e comunicative.

𝐼𝑛 𝑆𝑐𝑖𝑒𝑛𝑧𝑒, 𝑎𝑑 𝑒𝑠𝑒𝑚𝑝𝑖𝑜, 𝑒̀ 𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑒𝑠𝑠𝑎𝑛𝑡𝑒 𝑓𝑎𝑟 𝑐𝑜𝑛𝑜𝑠𝑐𝑒𝑟𝑒 𝑠𝑢𝑓𝑓𝑖𝑠𝑠𝑖 𝑜 𝑝𝑟𝑒𝑓𝑖𝑠𝑠𝑖 𝑐𝑜𝑛 𝑙𝑎 𝑠𝑡𝑒𝑠𝑠𝑎 𝑜𝑟𝑖𝑔𝑖𝑛𝑒 𝑙𝑒𝑠𝑠𝑖𝑐𝑎𝑙𝑒, 𝑑𝑖 𝑠𝑜𝑙𝑖𝑡𝑜 𝑑𝑎𝑙 𝑔𝑟𝑒𝑐𝑜 𝑜 𝑑𝑎𝑙 𝑙𝑎𝑡𝑖𝑛𝑜 (ad esempio suffisso di “cellula” è -cita dal greco KYTOS, cavità: melanocita, osteocita..).
Si possono proporre attività di arricchimento lessicale con approccio laboratoriale, imperniato sul fare, sul gioco, sulla scoperta, in cui gli alunni stessi, e non il docente, sono i protagonisti della costruzione delle conoscenze e competenze.
Inoltre, per favorire lo sviluppo della curiosità verso la lingua e per potenziare la riflessione sul lessico in modo ludico, si possono promuovere attività nelle quali gli strumenti, i linguaggi e i metodi caratteristici delle diverse discipline possano intrecciarsi cercando così nella pratica didattica occasioni di interconnessione nell’ottica di un rafforzamento della trasversalità che assicura unitarietà al percorso di apprendimento.

Un linguaggio trasversale alle diverse discipline può essere la musica: l’ascolto e l’analisi di testi musicali in italiano aiuta a introdurre la terminologia specialistica e la relativa spiegazione.
Giochi proposti dai libri di testo sono il cruciverba, le parole crociate, indovinelli, rebus e vignette o fumetti, che aiutano l’alunno a memorizzare in modo simpatico e ludico la terminologia specifica.
Infine si possono proporre attività di creazione di testi scritti o poesie, filastrocche o canzoni attraverso la scrittura creativa mescolando suffissi e prefissi, parole chiave e specifiche.

𝐋’𝐚𝐫𝐭𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐩𝐚𝐫𝐨𝐥𝐞 𝐞̀ 𝐥’𝐚𝐫𝐭𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐞𝐝𝐮𝐜𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞!
Buon lavoro!.


Articolo e foto di 2020 © Francesca Marazzi  17 novembre 2020
 

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𝐒𝐦𝐚𝐧𝐢𝐚𝐒𝐜𝐡𝐨𝐨𝐥 𝐛𝐲 𝐅𝐫𝐚𝐧𝐜𝐲

𝐋𝐀 𝐂𝐋𝐀𝐒𝐒𝐄 𝐒𝐈𝐀𝐌𝐎 𝐍𝐎𝐈

𝑃𝑒𝑟𝑠𝑜𝑛𝑎𝑙𝑖𝑧𝑧𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑙𝑒 𝑛𝑜𝑠𝑡𝑟𝑒 𝑐𝑙𝑎𝑠𝑠𝑖, 𝑟𝑒𝑛𝑑𝑖𝑎𝑚𝑜𝑙𝑒 𝑢𝑛𝑖𝑐ℎ𝑒 𝑒 𝑎𝑐𝑐𝑜𝑔𝑙𝑖𝑒𝑛𝑡𝑖.


Quando entro in una casa mi guardo intorno: i quadri, i colori del divano e delle pareti, gli scaffali con i libri o la vetrinetta con le bomboniere, le fotografie di famiglia... la casa esprime la personalità della famiglia, è frutto dei loro viaggi, delle amicizie, delle tradizioni.

𝐔𝐧𝐚 𝐂𝐥𝐚𝐬𝐬𝐞 𝐡𝐚 𝐥𝐚 𝐬𝐭𝐞𝐬𝐬𝐚 𝐟𝐮𝐧𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞: 𝐞𝐬𝐩𝐫𝐢𝐦𝐞𝐫𝐞 𝐥𝐚 𝐩𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧𝐚𝐥𝐢𝐭𝐚̀ 𝐝𝐞𝐥 𝐠𝐫𝐮𝐩𝐩𝐨 𝐜𝐥𝐚𝐬𝐬𝐞.

Si può addobbare con cartine geografiche, disegni, tavole di arte, formulari, piantine sui davanzali, modellino del corpo umano come mascotte...

Rendiamo l’ambiente accogliente e unico, ricco di colori e stimoli perché esprima la personalità del gruppo. Ogni alunno potrebbe contribuire con oggetti, poster, disegni, adesivi.Sentiamo l’ambiente nostro, in fondo trascorriamo un quarto della nostra giornata ed è importante sentirci “a casa” perché mente e corpo siano ben predisposte all'apprendimento. Ad esempio ho proposto una attività legata alla geometria: la realizzazione tramite origami di scatolette colorate per raccogliere le emozioni: quando l’alunno si sente una particolare emozione (gioia, soddisfazione, ansia, paura..) può scrivere un messaggio e affidarlo alla scatoletta che custodisce e protegge e rispetta l’emozione. Le scatolette colorano lo scaffale e la classe è custode dei pensieri segreti degli alunni!

La posizione dei banchi denota lo stile di didattica: lezione frontale con i banchi tutti rivolti a cattedra e lavagna (di ardesia e/o LIM), o confronto tra compagni se i banchi, sempre mantenendo le distanze (di questi tempi è norma!), sono disposti a coppie, uno di fonte l'altro, o a gruppi...

Io preferisco quest'ultima soluzione perché ho verificato che si impara molto dal pari. Si apprende giocando: giochi di gruppo, problemi stimolanti che richiedono diverse capacità, permettono agli alunni di collaborare ognuno con la propria logica, con l'intuito personale o un approccio sperimentale.

𝐍𝐞𝐥𝐥𝐨 𝐬𝐩𝐞𝐜𝐢𝐟𝐢𝐜𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐦𝐚𝐭𝐞𝐦𝐚𝐭𝐢𝐜𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐠𝐞𝐧𝐞𝐫𝐚𝐥𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐜𝐫𝐞𝐚 𝐚𝐧𝐬𝐢𝐚, 𝐥𝐚 𝐜𝐨𝐥𝐥𝐚𝐛𝐨𝐫𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐚𝐢𝐮𝐭𝐚 𝐚 𝐬𝐮𝐩𝐞𝐫𝐚𝐫𝐞 𝐥𝐞 𝐩𝐚𝐮𝐫𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐩𝐫𝐞𝐬𝐭𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐬𝐢𝐧𝐠𝐨𝐥𝐚, 𝐩𝐫𝐞𝐩𝐚𝐫𝐚𝐧𝐝𝐨𝐬𝐢 𝐞𝐦𝐨𝐭𝐢𝐯𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐯𝐞𝐫𝐢𝐟𝐢𝐜𝐚 𝐟𝐢𝐧𝐚𝐥𝐞 𝐬𝐮𝐩𝐞𝐫𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐠𝐢𝐨𝐫𝐧𝐨 𝐩𝐞𝐫 𝐠𝐢𝐨𝐫𝐧𝐨, 𝐩𝐚𝐬𝐬𝐨 𝐝𝐨𝐩𝐨 𝐩𝐚𝐬𝐬𝐨 𝐠𝐥𝐢 𝐬𝐭𝐞𝐩 𝐜𝐡𝐞 𝐩𝐨𝐫𝐭𝐚𝐧𝐨 𝐚𝐝 𝐚𝐬𝐬𝐢𝐦𝐢𝐥𝐚𝐫𝐞 𝐢 𝐜𝐨𝐧𝐜𝐞𝐭𝐭𝐢 𝐞 𝐟𝐚𝐫𝐥𝐢 𝐩𝐫𝐨𝐩𝐫𝐢.

Il cooperative learning è alla base della didattica, lasciamo il palcoscenico ai ragazzi, in fondo noi docenti siamo solo i registi!.


Foto e articolo di 2020 © Francesca Marazzi 20 ottobre 2020

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𝐑𝐄𝐒𝐓𝐀𝐑𝐄 𝐀𝐆𝐆𝐀𝐍𝐂𝐈𝐀𝐓𝐈 𝐀𝐋𝐋𝐄 𝐍𝐎𝐕𝐈𝐓𝐀'

Bentornati, e siamo quasi a settembre...
"𝒔𝒆𝒕𝒕𝒆𝒎𝒃𝒓𝒆, 𝒕𝒆𝒎𝒑𝒐 𝒎𝒊𝒕𝒆 𝒅𝒆𝒊 𝒄𝒐𝒍𝒐𝒓𝒊, 𝒄𝒊𝒆𝒍𝒐 𝒅'𝒂𝒍𝒃𝒐𝒓𝒊 𝒍𝒖𝒏𝒈𝒉𝒊, 𝒇𝒊𝒏𝒆 𝒅𝒊 𝒍𝒖𝒏𝒈𝒉𝒊 𝒂𝒓𝒅𝒐𝒓𝒊"
recitava una poesia imparata quando ero alla Scuola Elementare... sì, perché mi viene spontaneo allo stimolo di una parola, declamare un modo di dire, una canzone, una frase... ed è il gioco che chiedo agli alunni quando introduco la lezione con la 𝐩𝐚𝐫𝐨𝐥𝐞 𝐜𝐡𝐢𝐚𝐯𝐞.

Mi spiego, quando un insegnante presenta un nuovo argomento può "tirare fuori" (dal latino 𝒆𝒅𝒖𝒄𝒆𝒓𝒆) le conoscenze pregresse degli alunni mediante il brainstorming: esprimere cosa viene in mente (un concetto, un'idea), in uno schiocco delle dita, spontaneamente, sentendo la parola chiave che introduce la tematica scelta per la lezione.
Si libera la mente, si aprono i cassetti della memoria, delle esperienze vissute, si esprimono connessioni e relazioni e l'insegnante ha poi il compito di mettere in ordine i liberi pensieri degli alunni, dar loro una connotazione, legarli in uno schema o mappa concettuale ed approfondirli.

Un'altra modalità di stimolo per partire e introdurre un argomento è lavorare per immagini, un po' come funziona su Instagram: ho un'immagine, una foto e scelgo una citazione, una parola chiave che spieghi e titoli l'immagine stessa.

Le nuove generazioni poi comunicano tanto anche con i meme: una sorta di rivisitazione sottoforna di vignettatura di una foto con commenti che possano alludere ad altre situazioni in modo ironico e stravolgere così il significato intrinseco dell'immagine.

Il lavoro di noi docenti del 2020 (e fa anche rima!) è aggiornare i nostri strumenti comunicativi osservando come i preadolescenti e adolescenti si relazionano tra loro e adattare la nostra didattica e il nostro 𝒎𝒐𝒅𝒖𝒔 𝒆𝒅𝒖𝒄𝒂𝒏𝒅𝒊 a loro in quanto soggetti dell'arte dell'insegnamento.
Vi assicuro che questi nuovi stimoli divertono e ci avvicinano al loro mondo che ci sembra così strano e lontano.

Buon anno scolastico a tutti!

Articolo di  2020 © Francesca Marazzi - 1 settembre 2020
Immagine di Chiara Resenterra

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FAR FATICA

SmaniaSchoolWeek #3


Un passo dopo l'altro, un pensiero dopo l'altro.
Dopo il lockdown ho deciso di riprendere a correre per sfogarmi e gustarmi aria di libertà facendo fatica.
Mi piace far fatica, mi sento l'energia che scorre tra i piedi, sale a stomaco e cuore e arriva al cervello.
Correre mi aiuta a mettere in ordine le idee, a macchinare progetti, a proiettarmi nel futuro, a ripensare al passato.

Un altro anno scolastico si è appena concluso (per noi docenti finisce a fine giugno, metà luglio), scorro immagini e sensazioni legate alle fatiche, alle soddisfazioni, alle esche messe in gioco per tenere agganciati gli alunni, sì perché, va bene finire il programma, ma il problema maggiore è stato ricreare il clima di classe, le dinamiche di gruppo ed entrare con discrezione e creatività nelle case degli alunni... più che didattica a distanza, direi educazione a distanza: da insegnante mi premeva chiedere loro come stessero, come impiegassero il loro tempo, come condividessero gli spazi e i tempi in famiglia.

Ho trovato gli alunni di Prima frizzanti, motivati, gasati e coinvolti nei lavori proposti, che fosse la spiegazione (quasi mai frontale), un filmato da commentare, una scheda di esercizi, li ho trovati protagonisti delle attività. Per loro ho proposto una ricerca legata all'animale domestico o a un animale scelto dalle cronache (ad esempio fenicotteri e leopardi liberi nelle strade deserte delle città): hanno condiviso capolavori, stupendomi con la loro sensibilità e profondità.
Hanno scoperto che occuparsi di un animale regala emozioni e responsabilizza, distrae e rende autonomi.

I ragazzi di Seconda e Terza, ormai adolescenti, si sono mascherati con telecamere e microfoni spenti ed è stato difficile coinvolgerli, spesso preferivo lasciarli parlare tra loro, perché si confrontassero e scontrassero.
Stanare con discrezione i silenziosi, i timidi, gli insicuri non è stato semplice.

La matematica è una "brutta bestia" in presenza, figuratevi a distanza e certo non aiuta nel sentirsi coinvolti, "presi bene" come dicono loro.

Spero sia rimasto loro il ricordo della presenza di noi docenti, che abbiamo aperto le nostre case, raccontato la nostra vita quotidiana come forse raramente in classe siamo abituati a fare e questo ci ha permesso, pur nella lontananza, di essere più vicini, più veri, più umani e meno "docenti in cattedra".
Perché siamo persone vere, e oltre che educare ci mettiamo in gioco in prima persona per migliorarci... ma questa è già un'altra storia.


Articolo di 2020 © Francesca Marazzi - 5 agosto 2020
Nella foto: Francy, la nostra esperta 11-14 anni

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