LE PAROLE DEL POETA
diario del Regista in valle poesia
Foto su concessione www.valbrembanaweb.com
23 maggio 2014 - Il Poeta entra nella casa
Sono nella valle della poesia, seduto al bar. Sto aspettando il Sindaco.
La gente inizia a salutarmi, mi riconosce, mi offre da bere.
Il film che sarà ambientato in questa meravigliosa valle inizia ad entrare nel cuore di queste persone.
Ed è un buon segno. Vivrò qui nei prossimi tre mesi e quando, alla fine di agosto, verrò raggiunto da tutta la troupe sono sicuro che a quel punto i ragazzi saranno accolti a braccia aperte.
26 maggio 2014 - La dama bianca
Good Karma!
Stavo per entrare in un luogo importante per le riprese del nostro film per concordare un'altra importante partecipazione, non solo come location.
Ed ecco il dono: nel prato accanto alla strada bianca noto una macchia, mi fermo, prendo la reflex, metto il tele e....la dama bianca si alza in volo e mi dona questo scatto.
Good karma dicevo.
Mi dicono che è arrivata oggi. Lei da sempre annuncia nella tradizione popolare dolci arrivi. Anche nel nostro caso spero significhi qualcosa di simile. Intanto è senz'altro un buon presagio che ha portato alla collaborazione sperata.
Ecco la dama bianca.
Un film che parla di "ali" non poteva avere un presagio migliore.
(foto: ©cineSmania/Gianni Caminiti)
29 giugno 2014 - L'ultimo tratto di matita
Ore 5.00
Storyboard finito!
130 minuti di film completamente disegnati.
E quindi....
COPIONE CHIUSO
E ora si brinda all'evento con F'ette!
(foto @cineSmania/Mario Biancardi)
13 settembre 2014 - Scrivere a lume di candela
Ispirato dalla valle il Poeta ora sta scrivendo.
Se ti sporgi e guardi verso l'alto sono certo vedrai la sua finestra illuminata. Ecco che la fiammella della candela si muove e ti racconta
del suo respiro lì nei suoi pressi e quando si muove più forte prova ad immaginare le tensioni che descrive.
(foto @cineSmania/Mario Biancardi)
20 settembre 2014 – Partenza per ritornare
Stamattina affacciandomi dalla finestra dello studio del poeta ho visto nuvole rincorrersi frenetiche; vorticando hanno coperto più volte ogni cosa, lasciandomi stupito ad ogni apparizione di un albero, di una cima, del sole pallido. Quanta poesia scorre nel lento modificarsi della montagna che ho di fronte; la cima sopra il colle oggi è tenebrosa, io l'amo quando è così, imbronciata. Forse sa che tra breve dovrò lasciarla. E più so che questo distacco avverrà, più non riesco a staccarle gli occhi di dosso. E lei lo sa, timida nasconde il suo rossore dietro un'altra nuvola.
Ora andrò per tornare. Un distacco così non è amaro. Ma tra poco sarà diverso e questa valle e questa gente le vedrò solo chiudendo gli occhi, respirando la memoria, palpando l'inconsistente anima.
4 ottobre 2014
- Ultimo giorno di riprese nella valle della poesia
Luoghi che non possono esistere sono stati giustamente creati.
Incontri che non possono essere fatti si sono puntualmente verificati.
Il Poeta ha ritrovato così l'incubo e il sublime.
Ombra è tornato.
Nulla sarà più come prima.
30 ottobre 2014
- Incontro con Elvio Bernardi
Quando due esseri volanti si incontrano è bene che si studino prima di avvicinarsi. Soprattutto quando sono entrambi piuttosto selvaggi.
Poi vinta la resistenza le due creature alate possono arrivare addirittura ad intimità.
Elvio e Gianni sono due rapaci, uno col piumaggio in livrea invernale, l'altro in estiva.
Quale miglior luogo possono scegliere due esseri piumati per incontrarsi che una montagna incantata, di quelle che si incontrano in alta valle poesia?
(foto di Mario Biancardi -copyright ©cineSmania/Mario Biancardi)
31 ottobre 2014
- Candele di notte
I sogni sono candele accese di notte, quando all'eroe il volo appare
come una incontrastata verità.
Alla violenta luce del sole
non possono resistere
e si sciolgono impotenti
come le ali di cera di Icaro.
Terminata la notte
l'eroe conosce la realtà
del mondo degli altri
e in questo mondo
chiamato Reale
torna ad essere un semplice
impotente
fragile
uomo.
27 dicembre 2014 - Neve sulla casa del Poeta
Nevica sulla casa del Poeta in alta valle Poesia.
Attratto da quella manna che si appoggia soffice al suolo, ha lasciato la penna sul foglio e appoggiato al davanzale guarda la sua valle, dal suo nido d'aquila.
Ecco quello che vede dalla sua finestra
Ecco quello che vedreste se foste lì a quella finestra. Con lui.
(foto per concessione ww.valbrembanaweb.com)
1 gennaio 2015
- Un nuovo anno
I poeti scrivono,
spesso le persone le osservano da lontano;
quando la vita è così intensa
i poeti si ritraggono,
la temono forse;
preferiscono scrutare i sorrisi degli altri
e le loro urla di gioia
da dietro un velo.
Il poeta stasera ha interrotto
solo per pochi minuti il suo lavoro.
Il suono della festa,
le urla di gioia per l'anno che inizia,
i baci, le promesse per la vita che sarà
migliore
sempre migliore
lo hanno portato dietro il vetro della finestra del suo studio;
ha scostato leggermente le tende,
al buio
e ha guardato il mondo,
il suo piccolo mondo,
quel riquadro meraviglioso di pianeta
che gli è dato di ammirare dall'alto del suo covo,
da quella finestra magica.
Prima di tornare al suo tavolo
a ritrarre, chissà, la gioia di quelle grida,
il suono dei fuochi d'artificio,
la spensieratezza della festa,
sorride per un istante,
appena abbozzato.
C'è sempre un velo di tristezza dentro la gioia
anche quella più grande,
proprio nell'attimo in cui il piacere ti avvolge
e ti porta all'estasi.
E' la consapevolezza forse
dell'effimero senso dell'esistere,
dell'amore che può dissolversi
della giovinezza che si ritrae
di treni di sola andata
che portano via per sempre
qualcosa
o qualcuno.
Allora prima che sia troppo tardi
per suggerne almeno un po'
socchiude gli occhi.
Un falco vola tra quei fuochi d'artificio
tra quei lapilli di gioia
tra le urla e i sorrisi della festa,
se ne nutre per quello che riesce,
poi plana dolcemente sul davanzale.
Dietro la tenda,
solo timidamente scostata
il poeta sorride,
stavolta più convinto.
Sul vetro appannato
dal fiato corto
per quel volo
scrive con un dito umido
come intinto in un calamaio
il suo augurio alla sua gente,
alla valle della poesia.
Buon Anno
15 gennaio 2015
- Un falco attraverso un muro
Il set.
E' un luogo irreale, magico.
Ti ci puoi perdere.
Ti ci puoi trovare.
Una cosa è certa; dopo mesi di set, quello che eri è cambiato e tu
puoi non esserci più,
Sì, tu, quello che la tua famiglia ha salutato il primo giorno,
quando sei partito.
Le persone trasfigurano.
La luce ti cambia.
Gli occhi vedono cose che ancora non ci sono.
Guardi un muro, ma lo sguardo lo trapassa e va all'orizzonte,
dove vola il tuo falco.
Seguilo.
Ormai non puoi più farne a meno.
6 febbraio 2015
- Segreti sepolti
Affacciato alla finestra dello studio il poeta pensa ai suoi segreti.
Tanti. Sepolti.
Oggi sotto la neve fresca.
Nessuno ne sa nulla.
Ha diritto a custodire i suoi segreti.
Finchè c'è la neve i segreti sono al sicuro. Al disgelo rischiano di esplodergli tra le mani.
Può avvenire da un momento all'altro; i segnali ci sono tutti.
Il poeta dovrà affrontare di nuovo il passato.
E non vorrebbe mai accadesse.
Avrebbe tutto il diritto di cancellarlo, il passato.
Ma è diventato terribilmente difficile. Ora che Lui è tornato.
(foto per concessione ww.valbrembanaweb.com)
23 febbraio 2015
- Taci poeta
Ci sono sensazioni che stordiscono.
Capita che il poeta si affacci alla finestra dello studio e non trovi le parole per poter descrivere ciò che prova mentre osserva le forme di fronte a sè.
Davanti a tanta bellezza forse le parole non sono necessarie.
Davanti a tanta bellezza si tace.
31 marzo 2015
- Non abbandonar per sempre i sogni
Ogni uomo ha un sogno,
alcuni più di uno,
qualcuno se l’è scordato
e qualcun altro non pensa neppure di averne mai avuti.
Così ti trovi a chiudere gli occhi la notte
sperando che i sogni si realizzino
e all'alba siano diventati reali;
ma poi non succede.
I sogni sono così ,
non si avverano mai
perché i sogni al massimo
te li possono avverare gli altri.
Desidera fortemente
senza chiedere il permesso a nessuno
e fallo ad occhi aperti.
Se proprio devi chiuderli,
chiudili giusto un attimo
solo per creare di quel desiderio
uno scenario ancor più allettante.
Poi spalancali e non chiuderli più
fin quando quel desiderio
non sarà visibile anche ad occhi aperti.
Fino a quando ansimante per la fatica
avrai fatto di quel desiderio
la tua realtà.
25 dicembre 2015
- il Natale del Poeta
Dalla finestra dello studio, unica fioca luce accesa sulla rocca, il poeta osserva timidamente la valle, scostando un poco la tenda.
Le campane hanno appena smesso di suonare, annunciando il Natale.
Scarse nuvole all'orizzonte, poca gente sul sagrato. In valle poesia tutto è come sospeso. L'avvento è terminato ma l'attesa non appare affatto terminata.
Racconterà forse di questa interminabile attesa stanotte il poeta, appena sarà tornato al suo tavolo di lavoro. Ma forse di altro.
Non lascia trapelare granchè di ciò che compone.
In valle si dice che l'attesa terminerà presto e il poeta finalmente mostrerà a tutti il suo lavoro.
Tutti qui ormai non attendono altro che si palesi.
21 gennaio 2016 – Morte di un caro Amico
Ieri sera è morto Davide Arrigoni. Un amico.
Uno che non conoscevo da tanto tanto tempo. 3 anni. Uno che però ha creduto tanto in me. Uno che mi ha stretto la mano e con la sua ironia asciutta mi ha detto "ti te se' mat" quando gli ho detto del film.
Poi però ci ha creduto nei fatti. Mi ha sostenuto. Ci ha sostenuto.
Lui in persona ha cucinato per due mesi per la nostra troupe. Tutte le sere. Anche nei giorni di chiusura del ristorante. Facendo mangiare senza risparmiare delle "locuste" a sazietà e, pur essendo un cacciatore, preparando ogni sera almeno un piatto vegano per me. E per la mia famiglia tutte le volte che c'era.
E poi ci ha sostenuto finanziariamente diventando, prima col ristorante poi personalmente uno degli sponsor del film.
L'ha fatto nel silenzio. Non voleva nemmeno lo dicessi ma io poi pubblicai lo stesso la notizia. Quel giorno, quando decise di contribuire con un grossa somma al film, mi tirò in un angolo e mi disse "dai il film verrà di sicuro bene però se non va bene, almeno un po' di spese così le paghi".
Uno asciutto. Asciutto e gentile.
Un ciccio.
Uno che tutte le volte che lo abbracciavo per far festa era un po' uno "de legn". Io espansivo, lui asciutto.
Mi mancherà davvero.
Ciao Davide.
La foto ritrae un bel momento insieme a Bruno, padre di Davide, Elvio, Gianni e Davide nella baita alta di montagna di Davide, instancabile, che anche in quel giorno di vacanza cucinò per noi tutti a casa sua.
(foto ©cineSmania/Mario Biancardi)
27 gennaio 2016 – Ultimo saluto ad un caro Amico
Stasera il poeta ha scostato nervosamente le tende della finestra.
Ha guardato la montagna e poi la chiesa per qualche istante.
E ha ricordato.
Un'altra chiesa, poco distante.
Nel paese accanto, ha salutato per l'ultima volta un amico.
Uno tra i primi ad accoglierlo quando tempo fa si trasferì nella casa sulla rocca.
Stasera forse scriverà di questo.
O forse no.
Ha richiuso la tenda.
La vista annebbiata consiglia di spegnere la candela e vedere con altri occhi.
(foto per concessione www.valbrembanaweb.com)
29 giugno 2016
- Dolore dentro. Momentaneamente
Dentro uno squarcio nel muro appare momentaneamente la finestra e il poeta scosta la tenda guardando fuori.
Nebbie avvolgono la montagna.
Nebbie albergano nell'anima.
Il profondo pozzo scavato in anni di dolore può tuttavia contenere anche molta gioia.
Momentaneamente.
Può essere però che il solco del dolore aumenti nuovamente in profondità, verso il basso e verso il dentro.
Anche adesso che quasi tutto è compiuto.
Anche ora c'è comunque nuovo dolore da gettare su carta.
Senza dolore non c'è poesia, del resto.
Così pensa attardandosi ancora un istante mentre chiude la tenda aperta momentaneamente nello squarcio nel compatto muro.
8 ottobre 2017
- Una luna per finire
Il poeta stanotte è pervaso da profonda inquietudine.
Più volte è stato visto scostare nervosamente la tenda per sbirciare verso l'enorme pinna di squalo – che domina la valle.
Finché è apparsa lei.
Da sopra il colle la luce tonda ha rischiarato la valle.
Ora che tutto è compiuto forse potrà tornare alla vita.
Una luna.
Soltanto una luna lo separa dal compiuto.
Lei che è costantemente nei suoi pensieri. Lei verrà a rischiare il giorno del compimento.
Ancora una luna passata sulle carte, chino sul tavolo, con la penna in pugno. Poi finalmente mostrerà al mondo la sua opera.
Quel mondo da lui separato da una tenda forse accoglierà le sue parole con gioia o forse resterà indifferente.
Vada come vada sarà l'ultima luna.
Una luna per finire.
Forse questo è iniziare.
(foto:un frame del film)
23 ottobre 2017
- L'ultima falce
La luna ha iniziato la sua ultima crescita e la neonata falce segnala che si avvicina il giorno.
Il Poeta attende da tempo immemore quel giorno e quando arriverà il plenilunio mostrerà al mondo la sua opera e non dovrà più celarsi dietro una tenda di mattoni.
Finalmente egli tornerà alla vita.
Non gli resta ormai che scrivere l'epigrafe, l'ultima, sia pur la prima, frase che egli canterà nel luogo che finalmente ha prescelto, laddove abbandonerà la sua interminabile invisibilità tornando a camminare tra gli altri.
4 novembre 2017 - La luna giusta (il giorno della Prima)
É sorta l'ultima luna. Il poeta ha atteso tutta la sera dietro la tenda che sorgesse. Il sipario si è aperto e dietro le nuvole, salendo piano dietro la pinna di squalo, ha inondato di luce la stanza.
Il poeta pochi istanti dopo ha scritto l'ultimo verso, riposto la penna e scritto "fine".
Quello che doveva essere scritto è stato per sempre congelato sul Foglio. Ora non resta che mostrarlo al mondo. Oggi finalmente lo farà.
È giunto il momento che il Poeta incontri di nuovo Ombra. È un'eternità che si aspettano, finalmente incroceranno di nuovo i loro passi.
(Foto ©cineSmania/Danilo Pedruzzi)
5 novembre 2017 - Epilogo
(la notte dopo la Prima)
Una piccola delegazione della valle poesia è salita fino alla rocca dove vive il poeta.
O almeno ci viveva fino a ieri.
Volevano parlargli e domandargli tante cose ora che hanno conosciuto finalmente cosa stava scrivendo chiuso nel suo studio. Oscuro fin dal titolo "Ombra e il Poeta".
Laddove c'era la finestra, da cui ha osservato per anni la valle per trarne ispirazione, hanno trovato un solido muro. Le imposte della casa erano tutte chiuse. Il Poeta non era a casa. E forse non c'è più.
Un bambino che era nei pressi ha raccontato di aver visto il poeta affacciarsi alla finestra, respirare a lungo ad occhi chiusi per poi riaprirli. Ha sorriso e lo ha salutato. Ha richiuso la tenda e lo squarcio nel muro si è ricomposto lasciando solidi mattoni dove era la tenda gialla del suo studio.
Ma si sa i bambini quando raccontano mescolano fantasia alla realtà.
Il poeta forse è partito ma alla taverna del paese si racconta che sia tornato a scrivere una nuova storia.
Sulla porta di casa ha lasciato un piccolo cartellino inchiodato.
(Foto ©cineSmania - il talloncino consegnato ad ogni spettatore)
4 dicembre 2017 - Riflessioni ad una Luna dalla prima.
Lettera pubblica.
Stanotte è luna piena. Come lo era il giorno della prima. Come lo era, per chi lo ha visto, durante quasi tutto il film.
Ho atteso una luna per scrivere qualcosa di personale sugli accadimenti di questi anni.
E' anche una risposta pubblica e cumulativa alle domande di tanta gente, domande fatte di persona, via mail o messaggio privato.
Mi serviva almeno una luna per riflettere e soppesare gli eventi tumultuosi accaduti durante il concepimento, la realizzazione e la postproduzione fino all'uscita di “Ombra e il Poeta”.
Scrivo una lettera pubblica perchè ritengo sia il modo migliore per essere utile anche ad altri.
Oltre che a me stesso. Per giustificare la richiesta di proseguire in quel volo che quasi tutti, contagiati, hanno simulato alla fine dell'evento legato al film. Perchè per molti, spero, divenga o già lo sia non una simulazione.
Il mio è stato ed è uno sprone a volare davvero.
L'incipt della mia riflessione è la domanda che in molti, in questi anni di lungo lavoro al film, mi hanno rivolto.
"Ne vale la pena?"
Me l'hanno chiesto in tanti al ritorno dai weekend al mare o in montagna mentre io ero sottoterra a scrivere, coi piedi ghiacciati. A inventare la storia, i testi, le musiche e poi la sceneggiatura.
Me lo hanno chiesto a volte con un messaggio, di ritorno da cene cui non ho partecipato.
Me lo hanno chiesto abbronzati a fine estate quando io, nonostante le mie origini, a confronto sembravo uscito da un freezer tanto ero pallido.
Me lo hanno chiesto coi volti rilassati da ore di sonno quando io avevo occhiaie da vampiro e saltavo notti su notti oppure mettevo Sì la sveglia alle 5 o alle 6 ma per ricordarmi di andare a dormire almeno per due ore.
Me lo hanno chiesto gli occhi del mio bambino cui ho sottratto tanto tempo anche quando tentavo di non averlo lontano e me lo portavo sul set o stava seduto al mio fianco a disegnare mentre io lavoravo. Ma succedeva troppo spesso di sentire il suo pianto al telefono perché gli mancavo e poi quando mettevo giù, in solitudine, sentivo il mio, perché lui mancava a me.
Me lo ha chiesto il medico, dopo che per anni ho ignorato di stare male, e mi ha convinto a fare esami approfonditi che hanno rivelato problemi che oggi mi sono deciso a curare.
Me lo hanno chiesto mia madre e mio padre che non mi hanno visto a volte per settimane o perfino mesi, pur abitando a meno di 10 km. Soffrendone Sì, però contribuendo, anche economicamente, al mio progetto. E involontariamente, quindi, alla mia distanza.
Me lo hanno chiesto i miei ormai “ex amici” prima di smettere di telefonarmi per chiedermi invano di vederci qualche sera.
Me lo hanno chiesto in tanti altri: i miei allievi a scuola, i miei clienti in studio, gli abitanti della “val poesia” e tanta gente semisconosciuta alle conferenze, quando non comprendevano come si potesse lavorare e lavorare, sette giorni su sette, sempre, sempre e sempre.
Me lo hanno chiesto, pur senza poter dire alcuna parola, la mia chitarra ormai con la action andata. I libri acquistati ma ancora da leggere. I film ancora incartati. Il palco vuoto senza quasi mai concerti. Il mio giardino incolto. La mia casa che pian piano andava in pezzi. Il mio guardaroba stinto e ormai ridotto a poche cose.
Poi, una luna fa, soddisfatto, di ritorno dalla sala probabilmente migliore al mondo, alla fine me lo sono chiesto anche io.
Ma ne valeva la pena?
Così ho ripensato a questi anni in cui ho visto la primavera di colpo perché mi sono perso lo spuntare delle foglie e a quando allo stesso modo l'inverno mi aggrediva all'improvviso.
La luce solare: rarissima. Quella che dopo notti nel mio studio, completamente sottoterra, mi sorprendeva abbagliante salendo le scale per un caffè o perchè "buttiamoci giù un po' perché tra due ore porto mio figlio a scuola e poi ho clienti".
Ho pensato che per anni ho prestato la mia vita prima ad un sogno, poi ad un desiderio e infine forse ad una ossessione. Più di altre volte. Più di ogni altro mio progetto. Eppure sono stati tanti i progetti della mia vita.
Però questa volta la vita non gliel'ho prestata, se l'è presa brutalmente e integralmente.
Anni di sudore, certamente. Ma mai maledicendo questo progetto e questo lavoro.
Mai.
Perché l'ho amato. Anche se me ne ha fatte tante. E lo amo ancora.
Sono stati anche anni di solitudine, tanta, forse troppa. Ma non di noia.
Anni spesi correndo dietro fantasmi e fuggendo da miei personali demoni.
Ma soprattutto fuggendo dai detrattori. Nemici ma forse ancor più dagli amici.
"Se non hai i soldi, tantissimi soldi, una cosa così non la devi fare. Non la puoi fare".
“Senza le conoscenze non vai da nessuna parte”.
“Ma dove vuoi andare?”.
“Vola basso”.
E via così.
Ho così scoperto col tempo che per fare quello che mi ero ripromesso ero diventato sordo. Cieco. Insensibile. E ho tirato avanti a testa bassa. Testardo e incosciente.
Sono come un calabrone. Sono inadatto al volo, a detta degli altri. Ma il calabrone, che non lo sa di non essere adatto al volo, se ne infischia e vola lo stesso.
Non avendo piena coscienza di tutte le conseguenze cui mi avrebbe spinto, ho fatto fino in fondo qualcosa che desideravo e che mi ha quasi ucciso.
Pur sembrandomi però sempre VITA. Piena.
E davanti a tutto ciò mi rimbalzavano in mente continuamente le parole di Icaro. Quelle che (anche chi non ha visto il film ma ha visto o vedrà il trailer può facilmente riascoltare) dicevano:
“Certo che, ora che ci penso, fino da bambino ho saputo bene che con le mie ali avrei solo avuto odio e guai”
"Ma non hai dubbi?
"
L'altra domanda ricorrente.
Dubbi? Tanti. Atroci. Alcuni trascinati per quasi tre anni.
Dubbi anche su me stesso. Anzi, soprattutto su me stesso.
Continuamente.
Ostentando sicurezza.
E sconsolato, di nascosto, spesso ho vacillato, pesantemente.
E in quei momenti le parole dei detrattori mi tornavano alla memoria, come affilati coltelli.
Però poi respiravo a lungo e dicevo: "Ok, continuo".
E così mi sono allenato a non lasciarmi mai sfuggire indicazioni positive. Notavo e mi annotavo, ogni volta che potevo, segnali che molte cose andavano per il verso giusto. Annotavo anche piccole vittorie per rileggerle nei momenti bui.
Mi annotavo anche tutte le lacrime. Anche quelle inattese.
Per esempio quelle di mio padre, che mi ha sempre detto di tenere i piedi per terra. Però si commuoveva ad ascoltare “piedi in tasca” e ha poi pianto vedendo il film.
Così come mia madre.
Come tanti altri.
Tanti hanno pianto qualche minuto davanti a quelle immagini e musiche.
E sono anche inorriditi a tratti. Magari solo qualche minuto.
Altri hanno fatto pensieri per qualche ora.
Qualcuno ne é stato tormentato per giorni. E me lo ha scritto privatamente questo tormento.
Lacrime, prima nei piccoli focus group e finalmente, tantissime, la sera della prima.
Tanti pianti. Di vicini e di sconosciuti.
E tante emozioni forti.
Io li capisco. Eccome se li capisco quei pianti. Anzi ci speravo. Senza quei pianti e quelle emozioni non avrei mai saputo se il film avrebbe mosso corde emotive profonde anche negli altri.
Io che di pianti sono diventato maestro speravo di contagiare gli altri, nel pianto.
Ho pianto per anni, emozionandomi.
Prima scrivendo la storia, poi le musiche e i testi, la sceneggiatura e poi mentre Federico, per più di 4 mesi, disegnava, accanto a me
che gli leggevo il “copione”, lo storyboard, traducendo in immagini le mie visioni.
Poi durante la pre-produzione, quasi da solo, per molti mesi.
Ma ogni giorno avveniva un piccolo miracolo e diventavo un po' meno solo.
Pian piano, stanandone una per una, ho raccolto intorno al film quasi 400 persone.
400 sognatori. Li ho stanati a volte da vite che non amavano affatto ma in quelle vite erano rimasti imbrigliati.
A tutti dicevo quello che è diventato un mantra.
“Questo film non è difficile. E' impossibile. Quindi non ho dubbi che ce la faremo”.
Un sognatore alla ricerca di altri sognatori per fare un film che parla di sogni da realizzare a tutti i costi e fatto attraverso un modello che a molti sembrava poter esistere solo nei sogni. Quindi ho trovato proprio le persone giuste. Nel posto giusto. Al momento giusto.
Non ero più solo. Almeno momentaneamente.
Sono stati pochi mesi, quelli della produzione. Concentrati. Intensissimi.
In una parola.
Vita.
Mesi trascorsi imparando prima di tutto a convivere e a sopportarci, per il necessario strettissimo contatto. Davide, Mery, Paola, Elena, Daniele, Mario, Ema, Sanne, Laura. Soprattuttto con loro, ogni giorno di riprese.
E periodi consistenti con gli attori e attrici, Daniela, Luca, Sara, Massimo, Miriam, Fette, Gianluca, Daniele, Fabio, Elio, Francesco e tanti altri.
Poi però sono tornato là sotto.
Da solo.
Da solo a montare il film e poi mi sono ritrovato da solo a fare anche quello che non avrei dovuto, facendo anche molti errori.
Ed è arrivato il momento più difficile dopo mesi di ormai quasi totale autoreferenzialità, dopo che quei primi compagni di viaggio erano quasi tutti ritornati alle loro vite.
Qualcosa di molto importante non funzionava e quindi mi sono trovato a prendere una decisione amara: ricominciare quasi da zero, cercando e poi stanando altri sognatori con cui fare un altro pezzo di viaggio.
Ed eccolo arrivato quel momento.
Ctrl + Shift + E.
La combinazione che non vorresti mai usare.
Significa un dolore immane: azzerare e ripartire.
Però è significato ripartire con nuovi professionisti e un paio di vecchi compagni di viaggio rimasti da quel primo nucleo. Viaggiare di nuovo, a pieno regime, con pochi amici fidati. Con Giorgio, Mario, Edo, Paola, Federico, Gianfranco e Duccio.
Schiene doloranti e fondoschiena distrutti dalle migliaia di ore e notti intere seduti ai computer della post produzione.
E' anche stato il momento di incontri inconsueti, come per esempio con Loris; incontri rubati in autogrill con scambi “furtivi” di HD e case a 900km di distanza.
Momenti consistenti di compagnia. Meravigliosi.
Poi il passo finale; durissimo. Di nuovo ancora completamente solo.
Là sotto, di nuovo sottoterra, a finalizzarlo.
Altri mesi.
Mancando a tanti.
Mancando verso tanti.
Prima di tutti a mio figlio.
E dopo tutto questo tempo, anni, il mito di Icaro in chiave moderna è finalmente volato per due ore sullo schermo di un cinema.
Il lavoro non è ancora finito.
Stiamo lavorando alla distribuzione del film che inizierà col nuovo anno. Un ulteriore enorme lavoro ci attende per almeno un anno. Anche di questo ci chiedono e ci chiediamo se
"ne vale la pena?"
Potrei andare avanti e scrivere per ore su questa ricorrente domanda:
“Ne valeva la pena?"
Alzo le spalle e allargo le braccia, non sapendo davvero quale sia la risposta giusta.
Ma non è vero.
In fondo invece la so bene la risposta.
E' vero, sono stati anni in cui ho perso quasi tutto.
Ma anche anni in cui ho trovato un'altra parte di me.
Ma al di là di quello che posso tentare di spiegare o giustificare so soprattutto che non potevo proprio farne a meno.
Quindi quello che ho scritto non vi sembri nemmeno velatamente un lamento.
E' assolutamente un inno, gridato a squarciagola, alla Vita.
Un inno alla vita come lo sono le parole che gli amici di Icaro gli dedicano in un momento fondamentale del film e che ho deciso sarebbero state donate ad ogni persona che è venuta a vederlo in anteprima tramite quel cartoncino che in tanti hanno appeso a frigoriferi e bacheche (mi hanno mandato le foto) per ricordarsene.
“Non abbandonar per sempre i sogni anche quando dormono per anni. Ecco il nostro dono: una penna per volare in altri mondi. Portacela tu!”
Ed eccolo, dopo una luna, dopo tante righe, il mio perchè.
A chi me lo ha chiesto in questi giorni, dopo anni in cui non potevo, ho finalmente risposto, tornato a sentire e a vedere.
E mi sono risposto.
Una frase di un celebre film, l'attimo fuggente, mi ha sempre perseguitato.
"C'è che il potente spettacolo (della vita) continua e tu puoi contribuire con un verso".
"Ne valeva la pena?"
Ho solo tentato di scrivere un verso.
(foto ©cineSmania/Danilo Pedruzzi/Laura Ferrara/Giovanna Lucarelli)
L'ultima luna piena
E' caduta la luna.
L'ho raccolta.
Pensavo di conoscere tutto della luna piena quando era lassù nel cielo, invece mi riserva ancora delle sorprese.
Brilla di luce propria invece che riflessa, è grande come quella che vedi nel cielo e non ha il lato oscuro.
Incredibile.
A volte le cose le si conoscono a fondo solo quando cadono.
2018 Un giorno imprecisato - Il saluto finale del Poeta
Se hai avuto la fortuna di avere la luna piena tra le mani e questa poi ti è caduta puoi dirti fortunato se, ormai a mani vuote, ne conservi ancora negli occhi e nel cuore il suo splendore.
Ho scelto di chiudere il diario di questo film, nel quale i destini sono intrecciati ai pleniluni, con questa luna splendente.
La luna è stata nelle mie mani il tempo necessario a capire che non potevo più tenerla e dovevo restituirla al cielo.